«Contro il ritorno del razzismo, ridurre le disuguaglianze»
Trento. «Di fronte al riemergere delle intolleranze, al neofascismo, al razzismo, manca una risposta politica capace di ridurre le disuguaglianze causate dal mercato». Il partigiano Renato Ballardini,...
Trento. «Di fronte al riemergere delle intolleranze, al neofascismo, al razzismo, manca una risposta politica capace di ridurre le disuguaglianze causate dal mercato». Il partigiano Renato Ballardini, 93enne, nativo di Riva del Garda, già parlamentare e vicepresidente del Partito socialista italiano, è intervenuto nell'incontro organizzato da Anpi presso la Fondazione Demarchi dal titolo "Resistenza o barbarie". Il presidente Anpi Trentino Mario Cossali ha commentato il sondaggio Eurispes che ha mostrato come il 15% degli intervistati neghi la realtà storica dell'Olocausto: «Il presidente della Repubblica tedesca Steinmeier aveva dichiarato: "Noi tedeschi speravamo di aver definitivamente sconfitto quel passato. Ma lo spirito del male sta tornando sotto altre forme". Ma in Italia non abbiamo mai fatto i conti con il passato. Abbiamo invece un ex ministro che blocca centinaia di persone in mare e che citofona a presunti spacciatori. Questi comportamenti provocano l'indifferenza e l'odio, come durante la guerra d'Etiopia quando l'esercito compiva stermini eppure il regime aveva il suo picco di popolarità».
Il partigiano Ballardini ha rievocato gli anni della sua gioventù: «A Riva il fascismo si percepiva soprattutto a scuola, dove si imponeva lo sport, le marce, il pugilato e il "sabato fascista". Fu una maturazione lenta quella che portò alcuni di noi, pochi in realtà, a comprendere che qualcosa non andava». Questa lenta elaborazione fu resa possibile anche dalle poche notizie che la stampa lasciava trapelare, ha spiegato Ballardini: «Leggevamo che chi esprimeva opinioni critiche veniva ucciso come nel caso Matteotti, mandato in galera o al confino. Ci domandavamo cosa avessero fatto queste persone per finire "al confino": avevano parlato male del Duce». Il sentimento antifascista animò tutta la famiglia di Ballardini: «Mio padre finì in carcere come antifascista. Poi si adeguò, perché era necessario per vivere e per mangiare. Anni dopo andai "in montagna" per preparare una resistenza attiva». L'attività partigiana del gruppo di Riva fu compromessa da un infiltrato: «Era Fiore Butterotti detto "Panza". Conobbe tutti i membri del gruppo e li consegnò alle Ss. Arrivarono i nazisti a Riva e ci fu il massacro. Presero mio padre, lo torturarono e morì. Tornai in montagna e ridiscesi solo nei giorni della Liberazione di Riva». In riferimento all'oggi, Ballardini rileva il riemergere di segnali preoccupanti: «Non necessariamente come settant'anni fa, quando l'Europa della grande cultura fu capace di sviluppare due guerre mondiali. Ma sì vedono riaffacciarsi i gruppi fascisti, i segnali del razzismo e dell'odio. Furono gli stessi sintomi premonitori di quello che poi fu il fascismo».