l'addio

«Con la tua moto tornerai a casa da noi»

La moglie Lara ricorda Corrado Valcanover: «La sua passione me l’ha portato via. Ma continuerà ad accompagnarmi»


di Luca Marognoli


TRENTO. Stretto sul cuore a lungo, poi a lungo accarezzato con le dita come a volergli ravvivare i capelli. Gli occhi fissi sul suo volto gentile che anche in sella ad una moto “cattiva” non perdeva un’eleganza e una signorilità innate. Quell’immagine del suo Corrado - contento perché fa quello che ama, stare in sella alla sua Yamaha, libero come il vento - mai posata per un attimo per tutta la durata della cerimonia. Abbracciata, coccolata. Un regalo degli amici del “club” V Max, venuti ieri a salutarlo, con le loro giacche di pelle da centauri.

Non lo vuole lasciare andare, Lara. Lo dicono i suoi gesti, il suo sguardo innamorato; lo dicono poi le sue parole, quando si avvicina al microfono per ricordarlo. Perché quel viaggio che domenica si è fermato su una curva presa troppo larga sulla strada della Fricca, non è finito. Continuerà accanto a lei. «Lui era speciale, aveva un sacco di interessi. Nessuno forse lo sa, ma componeva musica: aveva scritto cinque canzoni che mi piacerebbe farvi sentire», ha detto rivolta al pubblico. «Era eccezionale: faceva di tutto di più. Sono contenta di vedere che siete in tanti oggi, sapevo che aveva tanti amici. Aveva una passione e quella passione me l’ha portato via. L’ho voluto ricordare in moto, perché lui era così: adesso sarà in moto da qualche parte che gira ma poi tornerà a casa con noi e si fermerà lì. Ci accompagnerà per tutta la vita, mi aiuterà a crescere i nostri figli. Con la sua solita pacatezza. Era il nostro ago della bilancia: i bambini con lui si calmavano. Arrivava e sistemava tutto. Lui è e sarà sempre la mia vita e quella dei miei bambini».

Il cantico che segue le parole della moglie, pur intonato sempre in occasione dei funerali, è un inno alla vita: “Quando busserò alla tua porta, avrò amato tanta gente, avrò amici da ritrovare...”. Il bambino più grande della coppia, 8 anni, fino a quel momento affidato a una parente, si avvicina alla mamma, che lo cinge a sè tenendolo per le spalle, rivolti entrambi verso quella bara cosparsa di rose rosse, velo di sposa e calle bianche. È l’unico dei tre figli che oggi è venuto: gli altri due, di 2 e 4 anni, sono troppo piccoli. Voleva esserci, lo voleva fortemente. «Aveva il gesso e abbiamo posticipato il funerale di un giorno perché glielo togliessero e potesse esserci anche lui», confida al termine del rito funebre padre Maurizio Valcanover, zio paterno di Corrado, francescano per più di 30 anni missionario in Sudamerica e ora a Cavalese.

La sua omelia è stata un invito alla speranza, l’annuncio della “sorpresa” che Dio riserva quando apre le porte del suo regno - aveva detto - a chi ha dato amore. Una sorpresa che è fatta dello stesso amore. Corrado ne aveva dato tanto, gratuitamente, nel suo impegno quotidiano con i ragazzi dell’Associazione provinciale per i minori, ieri venuti numerosi per dirgli grazie.

Ha ripreso il Vangelo di Matteo, letto poco prima, padre Maurizio. Racconta il giorno del giudizio, quando Dio accoglie i giusti che hanno teso la mano al prossimo, dicendo loro: “Tutte le volte che avete fatto ciò a uno dei più piccoli di questi miei fratelli, lo avete fatto a me!”. Anche Corrado lo ha fatto: senza saperlo, ma lo ha fatto, ha detto il sacerdote. «Gesù ora gli dice: avevo fame e mi hai accompagnato e insegnato a fare la spesa, avevo sete e mi hai insegnato a preparare bevande fresche per tutti, ero straniero e mi hai accolto come un papà, ero triste e mi hai guardato a lungo con tenerezza, ero prigioniero delle mie paure e mi hai dato il gusto di accettarmi e di lasciarmi crescere. Corrado, qualche volta eri pure di fretta, ma poi ti sei voltato e fermato ad aspettarmi».

 













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