trecento bolzanini all’illuminazione della scritta antifascista 

Con Arendt un passo verso la convivenza

BOLZANO. Sotto gli ombrelli, ognuno ha preso posto dove ha voluto, vicino a chi ha incontrato. I politici mescolati ai cittadini di Bolzano, chi entusiasta, «un esempio europeo», chi con l’idea che...



BOLZANO. Sotto gli ombrelli, ognuno ha preso posto dove ha voluto, vicino a chi ha incontrato. I politici mescolati ai cittadini di Bolzano, chi entusiasta, «un esempio europeo», chi con l’idea che «è un compromesso, un primo passo», no «è troppo». E a sorpresa Bolzano ha risposto. Trecento bolzanini sono usciti di casa ieri pomeriggio sotto la pioggia per partecipare alla cerimonia di inaugurazione della scritta luminosa, che attraversa tutto il fregio di Mussolini a cavallo sulla facciata del palazzo degli uffici finanziari in piazza Tribunale. Una giornata importante. Non condivisa da tutti, con critiche della destra italiana e tedesca, dai poli opposti, e qualche malumore anche in casa Svp.

Bolzano alle 17 di ieri ha fatto i conti con il proprio passato fascista, rielaborandolo senza cancellarne i segni. «Nessuno ha il diritto di obbedire», le parole della filosofa ebrea Hannah Arendt campeggiano ora in tre lingue sopra il bassorilievo scolpito da Hans Piffrader. Ogni sera verranno illuminate, per contraddire l’ordine mussoliniano «credere, obbedire, combattere» inciso sul palazzo. La cerimonia è stata breve, volutamente sobria. Nessun discorso, solo tre letture affidate a studenti. In ladino un brano da «Bel paese brutta gente» di Claus Gatterer. In tedesco Franz Thaler e i suoi ricordi di sudtirolese che disse no al regime nazista. E l’italiano di Primo Levi, «Se questo è un uomo». Poi un minuto di silenzio e infine la musica, suggerita dal sindaco Renzo Caramaschi: l’Adagio per archi di Samuel Barber, eseguito dall’Orchestra Haydn. Un applauso. La luce si è accesa. Le lettere sono alte 43 centimetri, appese al palazzo, tutelato, attraverso un sistema di tiranti. Coprono solo una piccola porzione del bassorilievo. L’opera di Piffrader non viene censurata, ma interpretata e contraddetta. Tra il palazzo e il tribunale, su cinque blocchi di cemento sono state montate le tabelle esplicative del fregio di Piffrader e della citazione di Hannah Arendt. Dopo il Monumento alla Vittoria, con l’anello luminoso e il centro di documentazione, arriva questo nuovo tassello. Ci hanno lavorato in tanti, con il coordinamento grafico della Gruppe Gut.













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