«Combatto il tumore e oggi mi laureo»

Umberta Savazzi: «Realizzo il mio sogno, la vita è meravigliosa e va vissuta a pieno»


Valeria Frangipane


TRENTO. «Ho il cancro e mi hanno dato due mesi di vita ma questa mattina mi laureo in sociologia a Trento. Studiare mi ha dato una gioia immensa, mi ha completato, aiutato a pensare ad altro ed a sopportare la fatica ed il dolore della malattia. Comunque sia non mi faccio sconfiggere». Bella donna Umberta Savazzi, 60 anni che non vedi e due figli grandi - Michele e Gianluca - avuti da Marco Melani, sposato tre anni fa.

E bella anche la sua vita fino al 2010. «Era da alcuni mesi che non mi sentivo bene, che faticavo ad alzare le braccia. Ricordo ancora quando i medici mi hanno detto al telefono cosa avevo. Ero seduta sul divano, mi sono stretta la testa tra le mani ed ho pensato... adesso che faccio». Già che si fa quando il mondo ti crolla addosso. «Non lo sai cosa farai. Ho pensato ai miei figli, a mio fratello Lorenzo ed all'università. Mi sono aggrappata a questo e posso dire di essere felice».

Perché tre anni prima si era iscritta all'università?

«Perché l'azienda dove lavoravo aveva chiuso e mi ero trovata sola a casa con i ragazzi grandi senza sapere come passare le giornate. Non avevo voglia di proporre solo torte e biscottini e volevo avere anch'io qualcosa da raccontare a Marco. Volevo vivere, far andare la testa, farmi sorprendere, farmi incuriosire ed afferrare un sogno che da ragazza non avevo potuto permettermi. E ho detto perché no!».

E com'è andata?

«Benissimo. Ho fatto la studentessa a tutto tondo. Treno, abbonamento, mensa, lezioni, esami. Quando arrivavo in stazione a Trento vedevo il fiume di gente di tutte le età che andava di corsa, il cuore mi si riempiva. Che bello pensavo, sentivo la vita in movimento, mai statica, mai ferma, mai bloccata».

E gli esami?

«Ho fatto fatica ma li ho fatti tutti e 26 e oggi sono qui. Matematica e inglese mi hanno fatto penare».

Quando nel 2010 ha saputo della malattia ha pensato di mollare?

«Non si molla un sogno, se lo fai tradisci te stesso. Siccome la chemioterapia e la radioterapia insieme ai farmaci mi abbattevano, andavo a letto e mettevo la sveglia alle 2 quando i medicinali non facevano effetto per riuscire a studiare fino a mattina. È stata durissima ma i libri mi hanno aperto orizzonti nuovi, mi hanno distratto, fatto concentrare su qualcos'altro e dato una disciplina. Se hai un esame da preparare ed una data da rispettare devi saperti organizzare, non puoi permetterti di farti sorprendere dallo sconforto».

Cosa le ha insegnato la malattia e cosa lo studio?

«La malattia è stata una grande lezione di vita, mi ha in parte cambiato e fatto vedere la realtà da un altro punto di vista. Non mi chiedo più da dove veniamo e dove andiamo, vivo e basta e oggi posso dire che la vita è bella. Certo, se dalla malattia si guarisce è un'altra cosa. Lo studio è stato fondamentale, una sferzata di vita che ho divorato. Ero affamata, volevo imparare e mettere dentro quel che ritenevo mi fosse stato negato e non mi sono persa nulla».

I professori le hanno fatto qualche sconto per la malattia?

«No, nessuno lo sapeva. Quando facevo la chemio e andavo agli esami col foulard perché avevo perso i capelli magari qualcuno ci avrà anche pensato ma è anche possibile che abbiano preso il fazzoletto per lo strano vezzo di una signora un po' originale».

Lei crede di aver qualcosa da insegnare a qualcuno?

«Per carità no. La malattia mi ha insegnato anche a perdere degli amici che hanno avuto paura del dolore e si sono allontanati ed a farmi avvicinare da chi invece ritenevo fosse solo un conoscente».

La fede l'ha aiutata?

«No. Se esiste il paradiso non ci voglio finire, deve essere noiosissimo. Dimenticavo ho un altro progetto, la scuola di cucina Alma di Parma. Marco mi dice sempre "Umberta, ma quando finirai di stupirci"».













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