Cipolletta: «Lascio un’Università più autonoma» 

Il bilancio del manager: «Il nuovo Statuto garantisce libertà  nella ricerca e didattica. Lungimirante l’accordo di Milano»  


di Sandra Mattei


TRENTO. Tra i provvedimenti di cui va orgoglioso c’è il nuovo Statuto che ha permesso all’Università di Trento la massima autonomia nella ricerca e nella didattica, pur rimanendo statale. È una delle valutazioni espresse ieri da Innocenzo Cipolletta (77 anni, già presidente delle Ferrovie dello Stato, direttore di Confindustria e dirigente dell’Ocse), nel lasciare dopo 15 anni la presidenza dell’Università di Trento. Ieri ha incontrato la stampa per un bilancio del lungo periodo alla guida dell’Ateneo trentino, caratterizzato, come ha sottolineato egli stesso dalla difficile crisi economica, con il definanziamento delle Università, ma con la lungimiranza da parte della Provincia di Trento di prevedere maggiori risorse grazie all’accordo con lo Stato. Cipolletta ha esordito dando un’idea della longevità del suo incarico: «Ho visto passare tre presidenti della Provincia, quattro rettori e tre direttori amministrativi. Una storia lunga: ho trovato una buona università, con un livello elevato e l’ho lasciata spero con un livello altrettanto elevato. E più aperta alla città: di questo devo ringraziare il rettore Paolo Collini che ha introdotto la festa di laurea in piazza, che va di pari passo con le assemblee aperte proposte da me».

Nel fare un bilancio, quali sono i risultati che rivendica e quali, gli eventuali limiti della sua presidenza?

Penso che la governance introdotta con il nuovo Statuto sia uno degli elementi di cui si possa andare fieri e che possa essere da esempio per tutte le università. Una revisione dello Statuto iniziato con Davide Bassi, che mantiene la totale autonomia dell’Università nella ricerca e nella didattica, ma ha un cda che è un organismo di diritto e di controllo composto non da persone dell’Università che possono così controllare che gli obiettivi decisi dal rettore siano attuati, indirizzandolo e allargando la sfera d’influenza delle sue scelte. Il rettore, inoltre, nomina metà del senato accademico, con una possibilità di governo che in altre università non hanno.

Ci sono delle incompiute che avrebbe voluto portare a termine?

L’ambizione dell’Ateneo è quella di creare ricadute della ricerca sul territorio. Ci stiamo ancora lavorando, con la creazione di Hit, società di trasferimento tecnologico, a cui partecipano l’Università, Fbk e Fondazione Mach affinché la ricerca si trasformi in attività imprenditoriale. Penso inoltre che nella nostra Università ci sia da migliorare la didattica, legata ancora a metodi superati, come la lezione frontale, mentre sarebbe necessario avvalersi delle nuove tecnologie, per poter navigare nel mondo della ricerca che è un mondo internazionale».

C’è la possibilità, se non arriverà l’indicazione dalla Provincia sul suo successore, di una sua proroga?

No, il mio mandato scade domani e non c’è la possibilità di proroga. Il cda è stato concepito con nomine che scadono in tempi diversi ed infatti con la mia carica scadono anche Elisa Molinari, componente individuata dal senato accademico e dalla commissione per la ricerca scientifica e Raffaella Giavazzi, componente designata dal Miur. Fino a quando non ci sarà la nomina del nuovo presidente da parte della Provincia, che dovrà essere ratificata dal comitato dei garanti (Paolo Grossi, Lucrezia Reichlin e Nadio Delai), ricoprirà la carica di presidente il componente più anziano, che è il professore Franco Mastroagostino e saranno presenti sei componenti su nove totali.

Guardando al dibattito passato sul nuovo statuto e sui rapporti tra Università e Provincia, c’è il rischio che se dovesse vincere le elezioni provinciali il centrodestra, possano cambiare gli equilibri?

Io penso di no, per l’esistenza del comitato dei garanti, che sono tre persone al di sopra di ogni sospetto e non riconducibili a logiche politiche. Se dovessero avvallare una nomina non consona, perderebbero la reputazione e questo mette al riparo l’Università da eventuali intrusioni della politica. Proprio perché le nomine sono scaglionate, non ci sarà da parte della presidenza provinciale la possibilità di rinominare tutto il cda, ed è anche questo un elemento di garanzia. Non ho mai avuto comunque l’impressione che la Provincia volesse interferire nelle scelte dell’Università, se non negli obiettivi alti.

La recente inchiesta sugli appalti e le nomine che ha coinvolto alcuni docenti e amministratori dell’Università, può creare un danno di immagine all’Università?

Un danno di immagine c’è, chiaro che non siamo contenti dell’inchiesta, ma l’Università è molto più grande di quanti sono stati i docenti coinvolti. Sono emersi elementi economici molto limitati, siamo fiduciosi dell’operato dei nostri colleghi e per quello che posso saperne, posso sostenere che se ci sono state irregolarità, sicuramente non c’è stato dolo.

Come si può arginare il calo degli iscritti tra gli studenti trentini?

Noi attiriamo molti studenti da fuori. La nostra Università, che è di medie dimensioni, magari non è così appetibile per gli studenti trentini che puntano alle grandi città. Io consiglio comunque agli studenti medi che uscire di casa ed essere autonomi, è anch’esso un importante insegnamento.













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