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Cia, censura ritirata ma il consigliere ora chiede i danni

TRENTO. «Un atto di intimidazione per mettermi a tacere». Così il consigliere provinciale Claudio Cia (Agire per il Trentino) descrive la censura ricevuta da IPASVI (Federazione Nazionale Collegi...



TRENTO. «Un atto di intimidazione per mettermi a tacere». Così il consigliere provinciale Claudio Cia (Agire per il Trentino) descrive la censura ricevuta da IPASVI (Federazione Nazionale Collegi Infermieri professionali), ora ritirata. Cia, nelle sue vesti di infermiere, era stato deferito al consiglio disciplinare che aveva definito la sua condotta come «irresponsabile» e in contrasto con le norme deontologiche. Il tutto nasce in seguito a un’interrogazione presentata in aula dal consigliere, che sollevava l'episodio di una donna vista somministrarsi da sé delle «perette» presso il pronto soccorso, senza alcuna assistenza. Sottolinea Cia: «Questo non per screditare il lavoro straordinario degli infermieri, ma per sottolineare le conseguenze dei tagli alla sanità». I legali di Cia sono riusciti a far ritirare la censura in seguito ad un ricorso, ma ora il consigliere chiede i danni: «Giustizia è fatta, ma la mia immagine è stata gravemente danneggiata». Ad intraprendere il tentativo di censura è stata l’IPASVI dell’ex presidente Luisa Zappini. Cia vede muoversi dietro di lei interessi politici: «Per anni ha ricoperto il ruolo di presidente, grazie anche alle sue amicizie politiche. IPASVI è stato gestito per troppi anni attraverso logiche personalistiche e politiche». Cia ha sollevato interrogativi sulle modalità della nomina di Zappini a presidente: «Nelle ultime sette elezioni IPASVI, quattro non hanno raggiunto il numero legale per essere valide. In diversi casi è stata la stessa Zappini a convalidare il risultato in quanto presidente uscente». Cia sottolinea poi come il ricorso alla querela possa essere un mezzo per tacitare le iniziative dei consiglieri di opposizione: «Di recente è successo anche a Filippo Degasperi (Movimento 5 Stelle), querelato dall'Azienda sanitaria per un'interrogazione. Così si priva il consigliere dell’unico strumento che ha per esercitare un controllo. Viene il sospetto che queste querele siano “pilotate” da chi in Provincia non può querelarci direttamente».

(f.p)













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