«C’è diossina nel fegato delle pecore»
L’avvocato Giuliano: «Ecco le analisi sull’animale vissuto di fronte all’Acciaieria che denunceremo per disastro ambientale»
BORGO. Il Comitato 26 gennaio non molla e con il sostegno dell'avvocato Mario Giuliano sta preparando la documentazione per presentare una denuncia per “disastro ambientale” nei confronti dell'Acciaieria Valsugana e della ex proprietà Leali. La decisione è maturata dopo l'arrivo dei risultati di una analisi comparata tra il fegato di due pecore: una di Castello di Fiemme ed una che ha vissuto di fronte all'Acciaieria di Borgo.
I risultati presentati dall'avvocato e da Laura Zanetti del Comitato parlano chiaro: nel fegato della pecora fiemmese i contenuti di diossina e diossina-like raggiungono il valore complessivo di 10,30 (4,64 + 5,75) picogrammi per grammo di grasso, mentre in quello della pecora borghesana raggiungono il valore di 26,76 (11,15 + 15,61) considerando che il valore limite fissato dall'Unione europea è 10. Non bastasse, nei due fegati è stata anche ricercata la presenza di metalli pesanti. Ed anche qui i risultati dicono che qualcosa di certo non va nel fegato della pecora cresciuta con “vista Acciaieria” rispetto a quella vissuta a margine dei boschi della val di Fiemme: la presenza di zinco è 77 contro 37, quella di cadmio 1 contro 0,26 (il massimo tollerato è 0,5), quella di rame 126 contro 71 e quella del ferro 258 contro 190.
«Ad effettuare le analisi – spiega l'avvocato Giuliano – è stato il laboratorio Okometric di Bayreuth in Baviera. Le due pecore quando sono state macellate avevano 10 anni. Il loro fegato è stato congelato e portato in Germania dove l'11 giugno è stato analizzato mettendo in risalto dei dati che parlano chiaro». Ma le analisi predisposte non si fermano a queste. «E' stata predisposta l'analisi di sei campioni di sangue di persone malate e non che vivono in Bassa Valsugana - spiega l'avvocato - ed i cui risultati verranno comparati con identiche analisi sulle stesse persone una volta che l'Acciaieria tornerà in produzione. Inoltre sono in fase di analisi al microscopio elettronico per verificare la presenza di nano particelle anche delle biopsie dei tessuti di due donne malate di tumore: una di 60 anni guarita ed una di 34 anni deceduta. Una analisi che sta svolgendo il laboratorio “Nano Diagnostics” del professori Gatti e Montanari per verificare se la genesi patologica del tumore può essere ricondotta a origini di inquinamento industriale. Quando avremo in mano la documentazione completa, fra circa un mese direi, procederemo alla denuncia per disastro ambientale». L'avvocato Giuliano e la rappresentante del Comitato 26 gennaio non nascondono però l'amarezza per «l'indisponibilità dell'Azienda sanitaria a mettere a disposizione i tessuti delle biopsie di alcuni altri pazienti avanzando motivazioni pretestuose, pur considerando che i tessuti rimangono comunque proprietà delle persone alle quale sono stati prelevati e, se decedute, dei loro eredi con l'Azienda sanitaria che ne è solo il custode».
E' evidente a questo punto qualcuno dirà: solo due fegati, sei analisi del sangue e un paio di biopsie? «Noi raccogliamo i dati di partenza - spiega Giuliano -. Quelli minimi consentiti dai costi elevati, 1.800 euro per le biopsie, 1.200 per le analisi dei due fegati e pagate grazie ad alcune donazioni, ma sufficienti per procedere alla denuncia. Sarà poi la magistratura...».
©RIPRODUZIONE RISERVATA