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Bypass, e se la soluzione fosse uscire più a nord?

Invece che con imbocco in via Brennero, prevedere l’accesso più a nord, evitando così il «Sin», l’area inquinata Sloi-Carbochimica


Gigi Zoppello


TRENTO. Con l’apertura di una inchiesta della Procura per «disastro ambientale colposo», è ormai chiaro a tutti che il Bypass ferroviario (Circonvallazione ferroviaria di Trento) dovrà affrontare un problema enorme, sotto gli occhi di tutti (anche prima dell’avvio dei cantieri): l’area Sloi-Carbochimica, a cavallo della linea, sito «Sin», ovvero di emergenza ambientale di livello nazionale.

Non bisogna essere degli esperti per capire quello che anche Rfi ha iniziato a comprendere: non esiste una soluzione per la bonifica della Sloi (non è stata trovata dal 1978 ad oggi) e comunque richiederebbe centinaia di milioni, a patto che magicamente venga trovata una tecnologia di bonifica sicura del piombo tetraetile. E molti, molti anni di lavoro.

Il fatto è che il progetto attuale del Bypass (per quello che possiamo sapere, visto che Rfi si è rifiutata di fornire il progetto aggiornato Pfte+ persino all’Osservatorio per la sicurezza) prevede di intervenire proprio in mezzo alle due zone contaminate.

Dalla relazione del Consorzio Tridentum: nero su bianco: dove ci sono i terreni inquinati verrà scavata una «trincea in risalita», profondità massima -18 metri. Per una lunghezza di 2 chilometri. Il che vuol dire intercettare quasi sicuramente la falda acquifera che sottosta sia alla ex Carbochimica, sia alla ex Sloi.

Non è chiaro come si intende ovviare ai problemi: non è stato fatto il previsto piano di caratterizzazione dei terreni. Eppure era una «prescrizione» obbligatoria della Commissaria Paola Firmi, che al punto 20 imponeva il piano di caratterizzazione «prima dell’affidamento del cantiere». Che invece è partito sotto gli occhi di tutti. E che solo l’intervento del Noe dei Carabinieri ha bloccato.

Vie di uscita? Forse sì. E gli indizi sono disseminati nella storia di questo progetto: si potrebbe far partire la galleria più a nord, «evitando» l’area del Sin. Idea balzana? Non proprio: era una delle ipotesi progettuali di Rfi, quindici anni fa (quando Ezio Facchin era un ingegnere progettista della società e poi commissario governativo per il progetto di corridoio infrastrutturale). Come si ricorda, Rfi aveva presentato diverse varianti, indicando come ottimale quella in Destra Adige (attraversamento della Piana Rotaliana, entrata in galleria nella zona fra Zambana e la Vela, galleria sotto il Monte Bondone e uscita a sud di Aldeno). Ipotesi scartata su indicazione dell’allora assessore ai Lavori Pubblici della Provincia - Silvano Grisenti - che aveva dovuto affrontare la rivolta degli agricoltori rotaliani.

Se Grisenti indicò quindi nella Sinistra Adige il tracciato, Rfi offrì allora anche delle alternative per il Bypass di Trento. Le prime ipotesi progettuali risalgono al 2003 e da allora il tracciato proposto ha subito diverse modifiche: c’era anche un collegamento verso nord in galleria a est dell’abitato di Lavis, anch’esso stralciato.

Una via di uscita potrebbe quindi essere il prolungamento delle galleria: invece che con imbocco in via Brennero, prevedere l’accesso più a nord.

A nord qualcosa già bolliva in pentola, tanto che il 21 Gennaio 2022 il presidente della Provincia Maurizio Fugatti ha incontrato nella sede di piazza Dante i sindaci della Rotaliana, per un atteso confronto, nato dalla richiesta degli stessi amministratori, dedicato all’impatto sul territorio collegato al potenziamento della linea ferroviaria.

Fugatti aveva spiegato che «la base per l’elaborazione tecnica attualmente disponibile è il progetto realizzato da Rfi nel 2009 (...) con un tratto centrale all’aperto di 1,3 chilometri previsto in corrispondenza del passaggio della linea storica ad ovest dell’abitato di Sorni, nel comune di Lavis».

E da Sorni in poi, in direzione di Trento? La galleria potrebbe quindi entrare - e sbucare - fra Lavis e Gardolo.

Ipotesi remota? Non tanto. Perché del «prolungamento» del Bypass si è parlato molto anche nel consiglio comunale di Trento, quando l’ing. Facchin (già progettista di Rfi, e Commissario governativo per l’opera, prima di diventare assessore) ha chiesto ed ottenuto che nelle «prescrizioni» venissero inserite le previsioni dei grandi «cameroni» sotterranei in corrispondenza dell’abitato di San Donà di Trento. Per farne cosa?

Era l’8 giugno scorso, quando Facchin annunciava in una conferenza stampa che «Rfi ha accolto le richieste del Comune di Trento per prevedere il prolungamento della galleria a nord della città».

Facchin aveva diffuso una lettera della società: al progetto (il famoso Pfte+, ancora segreto) è stato aggiunto l'allargamento del tracciato della galleria verso l'uscita dell'ex scalo Filzi (i cosiddetti «cameroni»), perché «in futuro i treni merci possano dirigersi direttamente verso Bolzano».

E se fosse la soluzione tanto cercata? D’altronde, se a «spingere» per i cameroni e la «prosecuzione verso Bolzano» è stato l’ingegner Facchin, che il progetto lo conosce come le sue tasche, perché non crederci?













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