«Bilancio più magro, comprate trentino»
Dellai: «Centinaia di milioni meno del previsto, la “spending review” va accelerata. La crescita dipende solo da noi»
TRENTO. Sarà un bilancio più povero, qualche centinaio di milioni di euro in meno rispetto ai 5 miliardi e 411 milioni che erano stati fissati in sede di documento pluriennale 2012-14, con la legge finanziaria dello scorso dicembre. E metterlo a punto non sarà facile: ieri mattina la giunta provinciale ha avviato una prima ricognizione tra le cifre, del tutto orientativa. E si capisce: il quadro generale è segnato da fattori pesanti (la compartecipazione chiesta dal governo al risanamento dei bilanci dello Stato, la riserva all’erario, il Patto di stabilità) la cui incidenza è tutta da definire. Almeno finché non sarà conclusa la trattativa con Roma sull’assunzione di maggiori oneri amministrativi (ora statali) da parte della Provincia.
I tempi. In attesa che i tecnici provinciali elaborino numeri e tabelle, e gli assessorati le rispettive richieste, una tabella di marcia c’è già. Entro i primi giorni di ottobre la giunta incontrerà la propria maggioranza per condividere le scelte, a seguire (sempre nel corso della prima settimana del mese) sono previsti incontri con il Consiglio delle autonomie e le parti sociali, in un’ottica di concertazione. Perché entro la fine del mese il documento di bilancio dovrà essere pronto per passare all’esame dell’aula del Consiglio provinciale.
Le scelte. Troppo presto per indicare cifre relative ai settori, ha spiegato Dellai. ma il quadro è da tempo chiaro: «Le risorse caleranno, imponendoci scelte precise». Una delle quali sembra essere già obbligata: l’accelerazione del processo di riorganizzazione della macchina amministrativa e, soprattutto, del taglio della spesa di back-office. Il piano definio dalla “spending review” provinciale prevede, come noto, un risparmio di 120 milioni di euro l’anno. Ma tra cinque anni, una volta che il meccanismo sarà a regime. Tutto lascia invece prevedere che i tempi si stringeranno.
La crescita. «Deve continuare ad essere l’obiettivo principale», ha spiegato Dellai. Per una ragione semplice: a fronte delle richieste “straordinarie” di Roma, eventuali maggiori risorse generate dall’aumento del gettito «quelle non ce le può rubare nessuno». Gettito peraltro le cui dimensioni, sempre stando a Dellai, sembra essere in leggera crescita rispetto allo scorso anno. In quest’ottica «la propensione al business anche da parte di Università e centri di ricerca deve essere vissuta come un obbligo civile». E a costo di apparire alfiere di un’autarchia d’altri tempi, il presidente invita anche i privati «a rivolgersi a ditte locali per ogni commessa».
I rapporti con Roma. All’annuncio delle scorse settimane è ora seguito il passo ufficiale: la Provincia ha deciso di impugnare davanti alla Corte costituzionale le leggi 134 e 135, cioè le conversioni del decreto “Cresci Italia” e di quello sulla “spending review”, ritenuti in contrasto con le competenze provinciali. Per quanto riguarda il primo, Piazza Dante contesta l'articolo 16 (che punta a garantire l’approvazione in tempi certi del progetto definitivo del prolungamento a nord della Valdastico), il 17-ter (l’applicazione diretta della normativa statale a proposito delle misure per l’incentivazione dell'uso di veicoli a basso impatto ambientale), il 37 (con il quale la nuova normativa nazionale in materia di concessioni di grandi derivazioni idroelettriche sarebbe applicata direttamente alle Province autonome), e infine l’articolo 69, che interviene - azzerandole - sull’indennità dei componenti delle Comunità di valle, materia che la Provincia rivendica invece come propria competenza legislativa. La “spending review” è invece contestata perché violerebbe l’Accordo di Milano: no dunque ancora una volta alle misure di concorso al risanamento della finanza pubblica fissate unilateralmente dallo Stato, in questo caso quelle previste in materia di organizzazione sanitaria.
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