Baratter, prova di forza in maggioranza

Pd e Upt: «Passo indietro». Il Patt si limita a una bacchettata, il consigliere rimuove la vignetta. Gli alleati: «Non basta»


di Chiara Bert


TRENTO. Tensione alle stelle nella maggioranza provinciale. Pd, Upt e Ual chiedono al Patt un segnale chiaro sulla vicenda di Lorenzo Baratter, che i vertici autonomisti (il presidente Ugo Rossi, ieri assente perché malato, e il segretario Franco Panizza) hanno derubricato a «leggerezza» e «ingenuità». La condanna in primo grado per corruzione elettorale degli Schützen, coinvolti nel patto pre-elettorale con Baratter (che però ha evitato la condanna grazie alla scelta difensiva della “messa alla prova”), ha fatto riesplodere la polemica politica.

La giornata ieri è cominciata con una telefonata tesa di buon mattino del governatore al capogruppo dell’Upt Gianpiero Passamani. Poi la riunione di maggioranza, prima di entrare in aula e affrontare il fuoco di fila delle opposizioni (vedi articolo in basso). «Il Patt faccia chiarezza, non è vero che non è successo niente, dalla nostra base ci arrivano pressanti sollecitazioni», avverte Passamani. «Chi gira il territorio vede che c’è un imbarazzo totale», rincara Mario Tonina (Upt). «La situazione è insostenibile», si lascia andare il capogruppo Pd Alessio Manica. Il vicepresidente Alessandro Olivi, tra i più netti a chiedere un segnale, annuisce. Nel gruppo Patt si smarcano Chiara Avanzo e Luca Giuliani che non hanno condiviso la linea del partito di minimizzare.

Alla richiesta degli alleati, il partito autonomista, che ha eretto un muro di difesa attorno al proprio consigliere, nel pomeriggio risponde con un comunicato di sei righe in cui invita Baratter «a tenere un profilo comportamentale adeguato al ruolo istituzionale rivestito». Una bacchettata che si è tradotta nella rimozione, da parte di Baratter, della vignetta postata su Facebook con cui aveva reagito alle critiche post-sentenza, la Lucy di Charlie Brown che dice "Non ti curar di loro ma guarda e passa... poi metti la retromarcia e schiaccia". Un post che ha ottenuto l’unico risultato di aumentare l’imbarazzo della maggioranza.

«Comprendo il disagio creato con il post della vignetta che ho appena provveduto a togliere», ha scritto ieri il consigliere sul suo profilo, «Non era mia intenzione generare imbarazzo a nessuno». Caso chiuso? Così parrebbe per il Patt e Baratter. Non per gli alleati, che in serata - dopo lo sconcerto - hanno reagito con una nota riservata inviata ai vertici del Patt, firmata questa volta dai segretari di Pd e Upt, Italo Gilmozzi e Tiziano Mellarini, e Giuseppe Detomas per la Ual: il comunicato viene definito «insufficiente», si torna a chiedere agli autonomisti di riconoscere che quel patto (la promessa di 500 euro al mese agli Schützen in cambio del sostegno elettorale) «è un fatto grave che ha leso l’immagine della politica, un atto che si pone al di fuori dei valori del centrosinistra e della buona politica in generale, che non si può liquidare come una leggerezza». Spetta al Patt, concludono, «decidere quali azioni assumere».

L’uscita di Baratter dal gruppo del Patt, per trasferirsi nel Misto - ipotesi ventilata giovedì in maggioranza - è stata subito rispedita al mittente: «Non esiste», taglia corto il capogruppo Patt Lorenzo Ossanna. Si è parlato di autosospensione del consigliere, in attesa che si concluda il procedimento giudiziario. «A me non sono arrivate richieste specifiche - replica il segretario Franco Panizza - la coalizione ha chiesto un segnale e lo abbiamo dato. Ribadisco che quello di Baratter è stato un comportamento non corretto e inopportuno ma dettato da ingenuità e non da intenti corruttivi. Le sentenze le fanno i tribunali, non fuori, e noi non pretendiamo di decidere in casa di altri partiti».

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