Azzardo, diecimila trentini a rischio
TRENTO. In Trentino ci sono circa 10 mila persone a rischio di ludopatia, per l’esposizione ai giochi d’azzardo. E sono 116 le persone oggi in cura al Sert per dipendenza da gioco. I dati emergono da un’indagine presentata ieri alla quarta commissione del consiglio provinciale dall’Osservatorio della salute e dal direttore del Sert Raffaele Lovaste. Una tornata di audizioni dei soggetti interessati ai due disegni di legge in materia proposti da Violetta Plotegher (Pd) e Walter Viola (Pt) che confluiranno in un testo unificato con l’obiettivo di ridurre l’offerta di slot machine nei locali con disincentivi fiscali.
L’indagine. Fateh Moghadam, dell’Osservatorio della salute, ha presentato l’indagine, svolta con un questionario ad un campione di 500 persone sorteggiate a caso dalla popolazione trentina di età compresa fra i 18 e i 69 anni. Il 26% degli intervistati ha avuto esperienze di gioco. Di questi, l’11%, circa 10.000 soggetti, può essere considerato a rischio. Le risposte rivelano inoltre che il gioco prevalente è il Gratta e vinci, seguito da Lotto/Superenalotto e dalle scommesse sportive, Totocalcio e Totip. Il 44% dichiara che saprebbe trovare aiuto per una persona con problemi legati al gioco.
Aumento di pazienti al Sert. Per il Sert, Lovaste ha presentato altri dati evidenziando come, mentre le persone che si sono avvicinate al gioco in Italia sono circa 15 milioni, in Trentino arrivano a 262 mila. Lovaste ha ricordato che se nel 2007 il Sert ospitava 4 persone in trattamento per dipendenza da gioco, nel 2013 il loro numero è salito a 116. Di questi, 34 sono seguiti anche farmacologicamente per una sottostante patologia psichiatrica significativa, tale da richiedere cure specifiche. L’87% dei pazienti è formato da uomini adulti con un titolo di studio medio-basso (medie inferiori o superiori) e un lavoro. Il successo dei trattamenti, ha osservato Lovaste, si verifica nei due terzi dei casi. Al numero verde nel 2013 si sono rivolte 39 persone dal Trentino, 12 delle quale sono entrate in contatto con i servizi. Altro dato importante: ciascun paziente con una diagnosi da ludopatia costa alla comunità trentina 1.180 euro all’anno, un po’ più, quindi, di una persona sottoposta a trattamento perché assume sostanze stupefacenti. Il direttore del Sert ha sottolineato che se la Provincia vuole ridurre il numero dei giocatori occorre «puntare a ridurre l’offerta di slot».
Giocano anche i bambini. Secondo l’Ama (associazione auto mutuo aiuto) il numero di chi gioca ed è a rischio è molto maggiore rispetto ai 10.000 soggetti che risultano nella rilevazione dell’Osservatorio. Per due motivi: perché l’età delle persone intervistate esclude sia i giovanissimi (ci sono ragazzini che iniziano a giocare nei locali a 7 anni) che i pensionati con più di 69 anni; e perché la consapevolezza della dipendenza dal gioco si sviluppa dopo parecchio tempo, e non è quindi diffusa nei giovani che ne sono vittime.
I commercianti: no al proibizionismo. Confesercenti con il presidente Massimiliano Peterlana ha criticato la proposta del ddl Plotegher di prevedere disincentivi fiscali per i pubblici esercizi che offrono slot machine, e di multare il proprietario di un’attività dotata di macchine da gioco. «Sarebbe più incisivo – ha proposto – penalizzare invece il genitore o l’accompagnatore adulto del ragazzo che gioca». Per Confcommercio, intervenuta con Ferruccio Veneri, occorre tener conto che il gioco è lecito se avviene nel rispetto delle norme vigenti: «Ma soprattutto in questo periodo di crisi per molti titolari di pubblici esercizi dalle macchinette dipende spesso la sopravvivenza delle loro attività». Veneri ha citato anche i 43 milioni di euro che grazie alle slot sono entrati nelle casse provinciali dal 2006 ad oggi. «Non è con un approccio proibizionistico che si riuscirà a limitare le patologie da gioco. Servirebbe piuttosto un’azione di carattere culturale e interventi sociali». No dei commercianti No di Confcommercio anche al marchio “slot free” perché sarebbe ingiustamente denigratorio per i locali che non aderiscono.
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