Assegni di cura, per ora sono un flop

Troppo alti i criteri di accesso: alla maggior parte dei richiedenti riconosciuto il minimo: 80 euro al mese


di Matteo Ciangherotti


TRENTO. L’assegno di cura? Un autentico flop. Perché non solo le domande che hanno superato le soglie di sbarramento sul reddito sono state meno del previsto (circa 1600 su oltre 3000 attese), ma la maggior parte di coloro che hanno effettivamente avuto accesso al credito sono rientrate nella fascia inferiore di gravità. Il che corrisponde a un assegno mensile di 80 euro. In attesa che l’assessorato elabori, ma soprattutto comunichi, i dati definitivi a livello provinciale, una risposta arriva dai numeri che riguardano il Distretto centro-nord, un’area urbana che comprende la popolazione del comune di Trento e della Valle dei Laghi. Secondo le visite effettuate dall’Apss, a marzo 2013 risultano aver superato il processo di valutazione 7 bambini al di sotto dei 5 anni, 28 pazienti compresi tra i 6 e i 17 anni, 81 persone tra i 16 e i 65 anni, e circa 167 over 65. Il 70% di costoro è rientrato all’interno dei livelli di gravità L1 e L2 minimo, ottenendo un assegno di cura che varia da 80 a 125 euro. Soltanto il restante 30% è stato collocato su livelli di gravità superiore, di cui appena il 12% ha avuto accesso alla fascia massima L4, la quale oscilla da 400 a 800 euro. Tra tutti i casi, due sono quelli a cui è stato assegnato l’importo massimale di 800 euro. L’assegno di cura, introdotto con la legge provinciale del 24 luglio 2012, è un beneficio economico aggiuntivo rispetto all’indennità di accompagnamento ma che era nato per favorire la domiciliarità, e cioè la permanenza a casa delle persone non autosufficienti. Ora si capisce come con 80 euro al mese in più rispetto all’indennità, risulti un po’ difficile sostenere spese assistenziali. Con 80 euro si possono “acquistare” 8 pasti a domicilio al prezzo di 10 euro ciascuno o, piuttosto, pagare la fattura per 4 ore di badante al mese, tra quelle più economiche. A proposito di badanti, con l’introduzione dell’assegno di cura si sarebbe dovuto provvedere a istituire un’apposita anagrafe badanti a cui i famigliari avrebbero potuto attingere con opportune garanzie sulla competenza e formazione delle stesse. Che fine ha fatto l’anagrafe delle badanti? Ora in Provincia si parla di alzare l’asticella dell’Icef da 0,28 a 0,32 e di portare il livello più basso degli assegni da 80 a 100 euro e quello più alto da 800 a 1000 euro. I soldi ci sono, 5 milioni nel 2012 e 12 milioni di euro nel 2013 da destinare agli assegni di cura. Ma più che i soldi, al sistema sanitario mancano i servizi per far fronte all’assistenza domiciliare, se è vero che attualmente le ore di Sad (servizio assistenza domiciliare) disponibili nel Distretto centro-nord sono pari a zero. “Una serie di studi inglesi sulle demenze realizzati nel 2005 e più che mai attuali indicavano a tutti la strada – racconta il direttore di Medica Legale Fabio Cembrani -; il rapporto dei costi tra pazienti e familiari è di 1 a 2, e ciò significa che bisogna aiutare innanzitutto i famigliari con una regia che possa garantire loro servizi”. Non soldi né assegni né trasferimenti monetari, ma servizi garantiti ed efficienti.













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