la storia

Anni in banca, ora in cantiere: «Sono dove vorrei essere»

Lisa Pintarelli di Pergine è a capo di una ditta di carpenteria metallica: "Dieci ore al giorno al lavoro". Gestisce l'azienda di famiglia dopo la laurea in Giurisprudenza e il lavoro alla Cassa Rurale


Daniele Peretti


CIRE' DI PERGINE. Quando fai notare a Lisa Pintarelli come una donna a capo di una ditta di carpenteria metallica possa essere un’anomalia, la sua risposta ti spiazza: “Sono nell’unico posto in cui dovrei essere”. A quel punto passa in secondo ordine il diploma al Liceo Linguistico, la laurea in Giurisprudenza con indirizzo Giuristi d’Impresa conseguita mentre lavorava alla Cassa Rurale a Pergine dalla quale si è licenziata nel 2012 dopo dieci anni di lavoro, perché?

«Per anni sono stata il braccio destro del direttore. - racconta Pintarelli - Avevo la responsabilità del controllo dei movimenti del contante in stretto contatto con la Guardia di Finanza; solo che quando il direttore è andato in pensione il suo posto lo hanno dato ad un collega solo perché mi consideravano troppo giovane per un ruolo direzionale e poi perché donna. Bene, mi sono licenziata».

Ma dal Liceo Linguistico a Giurisprudenza con quali motivazioni?

Con sincerità racconto quello che è successo. Da piccola accompagnai mio padre in tribunale dove aveva un’udienza per una causa di lavoro con un dipendente, era difeso da un avvocato donna che mi affascinò. Mi piaceva il suo portamento, il suo modo di fare e fu allora che decisi che avrei fatto l’avvocato.

Col licenziamento comincia l’avventura nell’azienda di famiglia nella quale Lisa inizia portando la sua esperienza di contabilità maturata in banca, ma non disdegna per nulla l’andare in officina a lavorare a fianco degli operai e come si dice, sporcarsi le mani.

Avere le mani sporche mi dava soddisfazione. In verità sin da giovane l’officina l’ho sempre frequentata. In estate facevo un mese all’estero per perfezionare inglese e tedesco e poi andavo a lavorare nel capannone. Riordinavo il magazzino, pulivo e se c’era bisogno di dare una mano non mi tiravo indietro.

Suo padre cosa ne pensava?

Contento, pensi che anche in casa quando c’era qualche lavoro da fare non chiamava mia mamma, ma me con la quale si sentiva più in sintonia. Poi sono sempre stata il maschio di casa: tra l’altro a 16 anni ho preso la patente della moto: non ho acquistato un ciclomotore, ma la moto da strada.

Non dev’essere stato facile laurearsi lavorando.

La mia fortuna sono stati i contratti a termine. Alla scadenza dovevo fermarmi uno o due mesi nei quali davo gli esami e studiavo.

Sa saldare?

Farlo occasionalmente non vuol dire essere un saldatore, però ho il patentino di coordinatore di saldatura e di controllore di primo livello.

Nel 2014 il passaggio di mano dell’azienda di famiglia con che ruolo?

Alla contabilità è tornata mia mamma, mio padre quando è stufo di fare il nonno va in officina a lambiccare ed io seguo la progettazione, i clienti, l’organizzazione in generale. Pur piacendomi avere tutto sotto controllo, sono riuscita a delegare molto tant’è che in cantiere con l’imbragatura ci andrò tre volte all’anno.

Una soddisfazione?

L’essere riuscita a portare il fatturato da 500 mila euro ad un milione e mezzo con una particolarità. L’incremento è arrivato senza aumentare le ore lavorative, anzi ci siamo organizzati in modo tale che al venerdì pomeriggio siamo chiusi. Sono convinta che la qualità della vita sia fondamentale per tutti.

Delusa qualche volta?

La vera delusione l’ho avuta nella vita familiare; sul lavoro, invece, rimango delusa ogni volta che faccio una scelta azzardata e non l’indovino, come nel caso di un’assunzione sbagliata o di un cliente che poi non paga il lavoro.

Com’è essere donna in un ambito decisamente maschile?

Premetto che sono orgogliosa di esserlo e che ritengo l’uomo e la donna talmente diversi da non poter essere nemmeno paragonabili. Poi succede che quando vado in un cantiere col tecnico e il direttore lavori nemmeno mi prende in considerazione devo far capire che sono io la titolare dell’azienda, entrando nella discussione tecnica del progetto. L’altra mattina sono andata in un cantiere di un nuovo cliente in Alto Adige e da subito la diffidenza era tangibile. In questo settore essere donna non aiuta anche se molto è cambiato. Però quando conosci il tuo lavoro ed hai delle competenze le porte si aprono.

Nei vostri progetti c’è un tocco femminile?

L’ho detto: l'uomo è uomo e la donna è donna. Io intervengo per addolcire le linee dei manufatti; per la pulizia sia del cantiere che del lavoro finito e poi a livello organizzativo. Sono convinta che una donna dovendo incastrare il lavoro assieme alla casa e ai figli abbia un attegiamento molto più inquadrato rispetto ad un uomo.

Alla prima telefonata mi ha detto che si trova nel posto in cui si sente di essere.

Ricordo. Quando nei momenti di scoramento mi chiedo chi me lo fa fare, la risposta è che sto facendo quello che voglio fare e che questo lavoro mi appartiene. Proprio in quei momenti sento che questa è la mia strada.

Quante ore passa in azienda?

Circa dieci ore al giorno.

Nel futuro cosa vorrebbe trovare?

Un consolidamento del fatturato anche tramite nuove linee di produzione come potrebbe essere l’arredamento e i complementi d’arredo. Già lavoriamo con l’estero, ma vorrei ampliare il mercato specialmente con le reti paramassi. Poi stiamo lavorando su qualcosa di nuovo, ma non è ancora il momento di parlarne.

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