Amianto, assolti i vertici della Rheem
Tre ex amministratori delegati erano accusati della morte di due operai. Per il giudice Ancona non hanno commesso il fatto
ROVERETO. Assolti per non aver commesso il fatto. Il giudice Carlo Ancona, alle due del pomeriggio di ieri, ha messo fine al processo per la morte di due operai dell’ex Rheem Radi, uccisi nel 2007 e nel 2010 da un mesotelioma pleurico, tumore legato all’esposizione all’amianto. I due uomini, è la tesi con cui il Procuratore De Angelis ha chiesto la condanna di uno dei tre imputati (Domenico D’Angelo) a 2 anni e 8 mesi, sarebbero stati esposti in maniera significativa e continuativa all’asbesto e ciò avrebbe comportato l’insorgere della malattia che ha una latenza media molto alta, dai 30 ai 40 anni, fino a superare i 50 anni nei casi più lunghi.
Il giudice Ancona ha ritenuto non sufficienti le prove a carico degli imputati (ovvero gli ex amministratori dell’azienda Domenico D’Angelo, Valerio Fedeli e Francesco Merloni), difesi dall’avvocato Ugo Lecis del foro di Milano, e dunque li ha prosciolti dall’accusa di omicidio colposo. Per conoscere nel dettaglio le motivazioni che hanno portato il giudice a questa decisione bisognerà attendere i canonici trenta giorni per il deposito.
Si è così chiuso così, dopo solo due udienze, un processo che sembrava destinato a tenere banco per diverso tempo ma che già nella prima udienza di ottobre aveva avuto una imprevista accelerazione data dallo stesso giudice Ancona che aveva escluso dal dibattimento tutta la parte dell’indagine non rientrante nel lasso temporale che va dalla malattia e morte dei due operai fino ai vent’anni precedenti, prendendo tale arco di tempo come riferimento per il calcolo del periodo di latenza media del mesotelioma pleurico.
Ieri mattina, in aula, hanno testimoniato alcuni ex lavoratori dell’azienda che era leader nella produzione di scaldabagno. I testimoni hanno raccontato come si svolgeva l’attività lavorativa e quali erano le misure di sicurezza adottate all’interno dello stabilimento. Il legale della famiglia di uno dei due operai, che si è costituita parte civile, e anche quello della Cgil, stessa decisione per il sindacato, hanno chiesto la condanna di tutti e tre gli imputati tra l’altro confermando la richiesta danni (500 mila euro per ogni parte civile).
Il difensore dei tre imputati, nella sua arringa finale, ha ricordato che dal 1985 al 1988, periodo in cui D’Angelo era amministratore delegato e che è stato preso come riferimento nell’indagine, «alla Rheem Radi sicuramente non venivano acquistati componenti in amianto» e che prima di allora l’esposizione all’amianto dei due operai «era stata tale da rendere impossibile imputare all’accusato una efficacia causale».