il lutto

Addio a Valeria Michelotti, il sorriso gentile delle Poste centrali di Trento

Aveva 62 anni e da pochi mesi era in pensione dopo lunghi anni allo “sportello 1”. Il ricordo di Carlo Martinelli, giornalista, scrittore e “utente”



TRENTO. Valeria Michelotti aveva appena 62 anni. Era in pensione da pochi mesi e il suo volto è noto a moltissime persone. Il suo volto, il suo sorriso e la sua gentilezza con i quali accoglieva le persone allo sportello 1 dell’ufficio postale di Trento, quello di piazza Vittoria.

Un sorriso che si è spento giovedì scorso e oggi, lunedì 27 giugno, alle 10 nel cimitero di Trento, sarà celebrato il funerale.

Per ricordare Valeria ecco le parole che Carlo Martinelli, giornalista e scrittore, ha lasciato su Facebook.

"Per anni centinaia, migliaia di trentini l'hanno trovata lì, sempre sorridente, sempre gentile. allo sportello 1 delle Poste Centrali, in piazza Alessandro Vittoria. lo confesso. ho saputo il suo nome sabato mattina quando, per il pressoché quotidiano appuntamento alle Poste - succede ai "casellisti" - ho trovato i suoi colleghi visibilmente sconvolti. non capivo. finché non me l'hanno detto: "la Valeria non c'è più".

Quando hanno aggiunto: "stava sempre allo sportello 1" ho capito. e a stento ho trattenuto le lacrime. I suoi cari - il marito Bruno Grisenti e la mamma Mimma - l'hanno ricordata nel necrologio per la sua dolcezza e il suo sorriso. i suoi colleghi l'hanno salutata con un mazzo di fiori accompagnato da un semplice e vero "con affetto".

Non vi sono dubbi: identica frase potrebbe essere firmata, oltre che dai "tuoi colleghi" anche dai "tuoi utenti". non capita spesso negli uffici pubblici.

La frase scelta per accompagnarla, dopo la vana corsa in ospedale per strapparla al malore che l'aveva colpita (era in pensione da un paio di mesi appena) dice: "è passato un vento che ti ha portato via, tornerà sempre un vento che parlerà di te e della tua invisibile presenza".

Per chi scrive, infine, un rimpianto. in una delle rare volte in cui -in assenza di utenti che premessero alle spalle per il loro turno allo sportello - ci si concesse qualche parole in più, la scoperta. Valeria era figlia di un militante storico del Partito comunista di Trento.

Era cresciuta - l'immagine che la ricorda è di quegli anni lontani, così ricchi di speranza ed ideali - tra festival dell'Unità, sottoscrizioni militanti ed impegno concreto: compreso, ricordò, l'ospitalità ad alcuni esuli cileni in fuga dal golpe del fascista Pinochet.

Aggiunse un altro ricordo, che ad un bracconiere di storie quale il sottoscritto, apparve meraviglioso. Un giorno, lei era poco più che bambina, a casa sua, capitò Gianni Rodari.

Proprio così. il più grande scrittore di storie e filastrocche e favole per bambini che l'Italia abbia mai avuto. Che fosse di fede comunista, è risaputo. dai, mi disse Valeria (e io non sapevo ancora il suo nome, avevo appena conosciuto il cognome, quello del suo amato babbo) quando sarò in pensione ci prendiamo un caffè e ti racconto di Rodari e di quegli anni. Non accadrà, purtroppo.

Fosse successo le avrei confessato che nel mio lessico famigliare la chiamavamo Biancaneve. Per quella gentilezza innata e quel sorriso che a nessuno negava (e alle Poste, lo sapete, qualche nervosismo ogni tanto affiora).

Ad una signora che ricordava con emozione quell'incontro da bambina con Rodari, forse sarebbe scappato un altro sorriso, l'ennesimo, nell'apprendere di questo innocente ed affettuoso nomignolo. Che la terra sia lieve a Valeria e che le favole di Gianni Rodari le facciano compagnia”.













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