Trentino in zona rossa quando l’Rt è in calo, dalle superiori in presenza agli asili chiusi: tutti i paradossi di un lockdown che pesa soprattutto sulle famiglie
Gli algoritmi ministeriali e l’impatto concreto delle decisioni sulla popolazione. Fugatti: “A Roma hanno deciso di cambiare sistemi di valutazione. Preoccupato per le conseguenze”. L’allarme del Patt: “Ora i genitori devono scegliere fra il non lavorare e l’abbandonare i figli”
TRENTO. Paradossi degli algoritmi ministeriali. Il Trentino passa in zona rossa proprio quando l’indice Rt (quello che misura il numero di soggetti che possono essere contagiati da una sola persona in un determinato periodo di tempo) è in calo. E se fino a ieri la Provincia – e di questo va dato merito al governatore Maurizio Fugatti – era riuscita sotto propria responsabilità a garantire la presenza a scuola anche dei ragazzi delle superiori, seppure al 50%, in virtù della norma che consentiva una valutazione discrezionale in caso di superamento del tetto di incidenza di 250 casi settimanali ogni 100 mila abitanti, da un giorno all'altro le famiglie trentine si trovano i figli chiusi in casa. Tutti, persino quelli di materne e nidi.
Qualcuno dovrà spiegarci i criteri di queste decisioni, che rispondono – è vero – ad una situazione di crescita preoccupante delle fatidiche curve di diffusione del virus, ma che hanno un impatto tale sulla popolazione da non poter essere delegate a una miscela matematica di parametri.
Cosa ha portato al cambio di colore lo spiega lo stesso Fugatti, che già aveva anticipato i suoi timori al sito www.giornaletrentino.it: "Se il Trentino è in zona rossa da lunedì prossimo – dice oggi – è perché è stato introdotto dal governo il nuovo parametro di incidenza di 250 contagi su 100.000 abitanti". Punto.
Il dato attuale è di 351 (alto ma lo era sempre stato in Trentino), mentre per l'Rt dalla settimana scorsa c'è stato un calo dall'1,1 all'1,04. "Questo nuovo criterio - ha aggiunto Fugatti - ha lati positivi, ma va a pesare soprattutto su chi fa un elevato numero di tamponi e chi li fa su quelle categorie di persone facilmente contagiabili".
Il governatore non ha nascosto che le conseguenze sulle famiglie sono una delle sue principali preoccupazioni (assieme a quella delle attività economiche boccheggianti).
E almeno in questo caso non sono dichiarazioni “populistiche”. E’ passato un anno dal lockdown che mise il catenaccio alle case degli italiani (e che ebbe senza dubbio effetti benefici). Ci fu poi un’estate di quasi “liberi tutti”, con conseguenza pesanti sull’autunno, che ci ha risprofondati in un incubo forse ancora più cupo, con l'aggiunta di un protrarsi della crisi economica e sociale che si è dilatata e assai aggravata. Dodici mesi dopo ci ritroviamo in una situazione analoga. E’ questo che non va.
In Trentino danno voce alla protesta delle famiglie i consiglieri provinciali del Patt Paola Demagri, Michele Dallapiccola e Lorenzo Ossanna: “La misura che più rischia di colpire la popolazione – fa sapere il Patt – è la chiusura delle scuole, poiché si abbatte su tutti quei lavoratori che non possono permettersi di restare a casa ad accudire i figli lavorando in smart working e devono scegliere fra il non lavorare e l’abbandonare i figli”.
Il problema è che il peso del lockdown finisce per gravare sui genitori in maniera sproporzionata. E misure veramente efficaci per alleviare questo peso non si vedono all’orizzonte.
Gli aiuti economici ci sono – ha annunciato il Governo – ma servono fino a un certo punto. Il decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri infatti stanzia 290 milioni di euro per finanziare congedi parentali e bonus baby-sitting per lavoratori autonomi, operatori sanitari e forze dell'ordine. Si tratta di congedi retribuiti al 50% per i genitori di figli sotto i 14 anni e non retribuiti per quelli tra i 14 e i 16 anni. Al contempo viene agevolato lo smart-working per chi ha figli e si prevedono dei bonus baby sitter fino a 100 euro a settimana per i lavoratori autonomi e per chi non può lavorare da casa.
Bisogna però che queste misure risultino efficaci. E anche qui fra i numeri (come gli algoritmi di cui sopra) e la realtà quotidiana di centinaia di migliaia di famiglie ce ne passa.
“Mettiamoci ad esempio nei panni di un sanitario con i figli a casa che deve scegliere fra non andare al lavoro e lasciare scoperto il sistema sanitario o abbandonare i figli a casa con tutti i rischi che ne conseguono", dicono i consiglieri del Patt. Come se fosse facile, fra l'altro, in una zona rossa trovare delle persone disponibili a fare i baby sitter (soprattutto a casa di un medico che con il virus è a stretto contatto quotidiano).
Chi parla di emergenza economica, ma anche di allarme sociale non sbaglia (senza parlare qui del grave problema psicologico degli adolescenti della “generazione Covid”). La politica si misura soprattutto sulla capacità di incidere sulla realtà. Senza slogan. E senza numeri. E’ venuto il momento che chi decide, il Governo soprattutto ma anche le Regioni e le Province, ce lo dimostri.