La causa civile

Testamenti del sacerdote, scatta la guerra legale 

Il fratello del prelato ha fatto causa alla Curia di Bolzano e alla badante. Contesi 180 mila euro: solo un grafologo super partes stabilirà se i due scritti sono autentici



VALSUGANA. Un anziano e stimato prelato defunto due anni fa. Un’eredità contesa, che vale circa 180 mila euro. Due testamenti olografi che potrebbero essere uno falso e l’altro alterato (ma questo lo dovrà stabilire il giudice, che intanto ha sequestrato i beni al centro della contesa). Sono gli “ingredienti” di una complessa causa civile intentata in Tribunale di Bolzano dal fratello del de cuius, cioè il fratello del sacerdote morto, un pensionato residente in Valsugana. Questi (assistito dall’avvocato Roberto D’Amato del Foro di Trento) ha fatto causa alla Curia di Bolzano (difesa dall’avvocato Kitty De Guelmi) e alla badante del prelato (assistita dall’avvocata Sonia Dallo).

L’attore, sulla base di una consulenza grafologica di parte, chiede che il giudice annulli i due testamenti al centro della contesa poiché apocrifi (o in subordine non rispettosi delle forme di legge). Controparte, cioè la Curia di Bolzano e la badante, respingono le accuse.

Con un proprio consulente puntano a dimostrare che le ultime volontà espresse dal prelato sono quelle contenute nel primo dei due testamenti per la curia e per la badante nel secondo. Entrambi - sostengono - sarebbero stati scritti dal prete di suo pugno qualche anno prima della morte. La vicenda ha avuto anche un’appendice penale a carico di ignoti in seguito ad una querela di falso in testamento presentata dall’attore della causa civile. 

Il noto prelato moriva due anni fa, a 89 anni, dopo essere stato contagiato dal Covid. Un primo testamento, datato 14 aprile 2013, assegnava al fratello parte della casa di famiglia in Valsugana (in pessime condizioni).

Quanto rimaneva - allora si pensava circa 300mila euro, poi ridotti a 180mila - doveva essere suddiviso al 50% alla Curia Vescovile e 50% alla badante. Secondo il fratello del defunto, però, la grafia era assai dubbia. Per questo decise di ingaggiare un grafologo di comprovata esperienza (Riccardo Zanetti) per verificare la “bontà” del testamento.

Il risultato solleva dubbi sull’autenticità del documento che, tra l’altro, presentava errori di sintassi (mentre il prete era persona di grande cultura). Poco dopo appariva sulla scena della contesa sul patrimonio del prelato un secondo testamento asseritamente datato 2014. Il perito grafologo (sempre di parte) sollevava molti dubbi sull’autenticità anche di questo documento: in particolare la grafia sarebbe diversa dal primo, e la data sembra essere stata apposta da “mano aliena”. È interessante notare che il redattore dei testamenti in entrambi i casi abbia sbagliato il nome della badante che invece in altra documentazione era sempre stato scritto correttamente. 

Sono tutti elementi che potrebbero fare cambiare destinazione al patrimonio del prelato. Secondo la giurisprudenza, l’eventuale nullità derivante dall’intervento di un terzo nella redazione dell’olografo determina la nullità totale. Gli errori infilati nei due testamenti secondo chi ha promosso la causa non sarebbero delle sviste di un prete ormai anziano. 

L’ipotesi del falso o anche della semplice correzione dei due documenti viene respinta con decisione dalla Curia di Bolzano e dalla badante. La loro grafologa, (Claudia Oliosi di Verona) sostiene che i testamenti sono originali, perfetti, scritti di suo pugno dal sacerdote. Ma la controparte contesta questi risultati a cui la consulente sarebbe arrivata senza la comparazione con documenti originali tratti dai pubblici registri e dalla banca. È facile immaginare che il giudice disporrà una perizia grafologica super partes per verificare quale mano ci sia dietro ai testamenti: il prelato che voleva lasciare alla Curia e alla sua badante i suoi risparmi? Oppure qualcuno che voleva tagliare fuori dall’eredità il fratello del defunto? La risposta spetta al Tribunale.













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