Zadra, il commosso addio col picchetto degli alpini 

Alla cerimonia funebre in S.Maria anche il cavalier Mario Marangoni e Claudio Cia L’omelia di don Scarin: «Aveva mani grandi, sapeva creare ma anche amare»



ROVERETO . Né politici noti né figure di primo piano - eccettuati il consigliere provinciale Claudio Cia e il cavaliere Mario Marangoni - nella chiesa di Santa Maria per l’ultimo saluto a Fernando Zadra, l’imprenditore novantenne morto martedì mattina in seguito alle complicazioni di un banale incidente domestico. C’erano invece gli alpini di Lizzana, con un picchetto d’onore, i cinque figli, i parenti e i molti amici che hanno affollato i banchi di Santa Maria. Appoggiato sul feretro, il cappello da alpino che Zadra aveva indossato durante il servizio militare in Alto Adige, nell’immediato dopoguerra. Il parroco don Francesco Scarin ha ricordato le grandi mani di Fernando Zadra, mani che sapevano lavorare, sapevano creare, inventare, ma erano anche capaci di infinita tenerezza, come quando, lo scorso anno accarezzava la moglie Teresa ormai malata e in fin di vita, donandole un po’ di serenità nei suoi ultimi giorni. Un’omelia toccante, quella del parroco di Santa Maria, che ha fatto trasparire la profonda umanità che si nascondeva dietro il ruolo a volte anche duro e deciso che un imprenditore deve mantenere per poter continuare a lavorare. La vita professionale di Fernando Zadra è stata infatti difficile e altalenante. Dopo i primi successi, conquistati grazie alle proprie capacità di chimico e di industriale, producendo resine nautiche, erano arrivati i problemi, le accuse di inquinamento - dalle quali venne prosciolto anni dopo, ma che gli erano costate il blocco degli impianti - e l’incendio della Siric. Ma lui non si è mai arreso, e ha continuato a lavorare, a progettare nuovi impianti che però non riuscì a insediare in Trentino. Ci riuscì invece all’estero, dalla Polonia alla Costa d’Avorio, fino in Russia. Perché fuori dal Trentino - dove aveva per certi versi assolto il ruolo di capro espiatorio per le politiche industriali degli anni Sessanta e Settanta, poco attente all’ambiente - era considerato a ragione un grande esperto della chimica e della lavorazione delle resine.

Ma la cerimonia di ieri non si è soffermata sul personaggio, sull’imprenditore, ma sull’uomo. Un uomo molto attaccato alla famiglia, alla moglie, ai suoi figli. Proprio i figli, Mario, Paolo, Franco, Elisabetta e Claudio, che lo hanno accompagnato commossi fino al carro funebre, dove gli alpini l’hanno salutato con il “Silenzio” prima che la salma venisse portata al cimitero di San Marco, nella tomba di famiglia, dove riposerà assieme all’amata moglie Teresa Maria.

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