Una targa per l’operaio morto di caldo 

I colleghi di Carmine Minichino ne hanno fatto richiesta ufficiale al sindaco, e spunta un cartello in piazza Caduti sul lavoro



ROVERETO . La richiesta di affiggere una targa ricordo è stata già formulata al sindaco Francesco Valduga. Il quale ha assicurato che ne parlerà in giunta. Ma in attesa della decisione del Comune nel merito, gli amici e i colleghi di Carmine Minichino, l’operaio della Marangoni morto nel luglio di tre anni fa per ipertermia dopo un malore in azienda, hanno deciso di ricordarlo così, con un cartello artigianale, plastificato per resistere alle intemperie, che accompagna un vaso di fiori appoggiato sulla lapide dedicata “A tutti i caduti sul lavoro”. Un gesto significativo, che ricade proprio nella ricorrenza della Festa dei lavoratori, e che pare pensato proprio per celebrarla con un senso meno retorico e più vicino alla vita di chi lavora, qui in città, e talvolta, purtroppo, ci rimette la vita. A partire da un caso molto vicino, nel tempo e nello spazio, e sul quale è ancora in corso il processo di primo grado per omicidio colposo a carico dell’imprenditore Gianni Marangoni e del medico del lavoro Marco Fabbri. L’episodio risale al 21 luglio 2015, una delle estati più torride degli ultimi anni. Quel giorno il caldo era soffocante, e i termometri in città segnavano 39 gradi all’ombra. Nel reparto di vulcanizzazione, attorno alle 18 i colleghi trovano Minichino, 54 anni, esanime a terra. All’interno del reparto, dove si lavora con le presse a caldo, la temperatura è ancora più alta. Arriva l’ambulanza, che lo soccorre e lo porta al pronto soccorso dell’ospedale Santa Maria del Carmine, dove l’operaio si spegnerà verso le 3 del mattino. Il referto non lascia adito a dubbi: “insufficienza cardiocircolatoria secondaria a shock da ipertermia”. In termini meno tecnici, è morto per un colpo di caldo sul lavoro. Sul caso la magistratura ha raccolto la relazione dell’Uopsal ed ha aperto un’indagine, al termine della quale sono stati rinviati a giudizio il titolare dell’azienda e responsabile della sicurezza Gianni Marangoni e il medico aziendale Marco Fabbri. Il processo si è aperto a fine gennaio davanti al giudice Carlo Ancona e le prossime udienze sono in calendario tra giugno e luglio. La morte di Minichino è una vicenda che ha fatto molto discutere, anche nello stabilimento di via del Garda. Il giorno dopo la morte del collega gli operai avevano protestato in maniera vibrata per le condizioni di lavoro. L’azienda qualche giorno dopo aveva emanato delle nuove istruzioni per consentire pause più lunghe e una corretta idratazione. Minichino, dopo il matrimonio a Napoli, si era trasferito in Trentino con la famiglia e aveva lavorato anche alla cartiera di Villa Lagarina, rimanendo choccato dalle morti dei colleghi Paolo Perenthaler e Lorenzo Raffaelli, tra il 1999 e il 2000. (gi.l.)

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