Quindici anni di Mart: «Così nacque il museo» 

La serata con i protagonisti: Andreolli, Monti, Valduga, Ballardini e Michelini L’idea di Gabriella Belli, le frizioni con Trento e i problemi di un’opera complessa


di Mario Cossali


ROVERETO . Presentati e stimolati dal direttore Gianfranco Maraniello si sono succeduti nell'ordine Renzo Michelini, Tarcisio Andreolli, Pietro Monti, Guglielmo Valduga e Bruno Ballardini nel lungo racconto della nascita e della costruzione del Mart, dell'idea originaria, dello sviluppo e della concretizzazione, delle speranze e degli obiettivi raggiunti. Non si sono tirati indietro e la storia del museo si è dipanata con chiarezza. Michelini è partito dall'idea e dal dibattito attorno ad essa del grande polo museale e culturale internazionale alla quale si è arrivati per gradi successivi, Rella, Savoia, Botta tra i protagonisti, ma anche Rizzi ed Eisenmann. Andreolli spiega l'importanza della legge provinciale che istituisce l'ente funzionale museo d'arte moderna e contemporanea, partendo dalla sede di palazzo Albere, ma prevedendone la sede principale a Rovereto. Tutti riconoscono che l'assetto originario non era male, perché affidava il governo del museo ai due comuni di Rovereto e di Trento assieme alla Provincia. Poi nel corso degli anni è andata avanti una provincializzazione ormai totale. Monti precisa carte alla mano che la costruzione del polo culturale fu decisa in base al progetto Botta/Andreolli già pronto come obiettivo strategico con quelli dell'università a Rovereto e del centro di sviluppo di via Zeni contro il diffondersi pesante della crisi industriale e occupazionale del territorio lagarino. In base a questa convinzione del consiglio comunale, affrontando molte resistenze della Provincia e in genere di Trento. Valduga da assessore provinciale alla cultura fu determinante per vincere queste resistenze e annota la corrispondenza tra gli obiettivi di quelle decisioni roveretane e la gelosa custodia di un passato di dignitosa fierezza culturale e imprenditoriale. Ballardini ha snocciolato le difficoltà e le ansie del "cronoprogramma", tra finanziamenti aspettati e crepe negli edifici soprastanti lo scavo, anche lui lodando l'ufficio tecnico comunale per la capacità dimostrata nel sobbarcarsi un'opera mai affrontata e per certi aspetti imprevedibile nella sua complessità. Io, tra lo scarso pubblico, ho rivissuto la bella avventura, il tremore di parecchi anni e la gioia dell'inaugurazione, 15 anni fa. Adesso bisogna fare i conti con altri problemi, di tipo organizzativo, finanziario e culturale. La collaborazione tra Rovereto e Trento non c'è oggi come dovrebbe, non c'è affatto ad essere sinceri. Si potrebbe ripartire da qui, con l'entusiasmo di allora e con la consapevolezza di avere un gran tesoro in casa.

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