«Quelle borchie non sono pericolose»
L’ingegner Andreolli: si impiegavano anche in passato nelle città, e queste sono a prova di anziano. Tutelano i pedoni
ROVERETO. La pioggia di critiche sulle ormai famose borchie che delimitano l’area pedonale di via Dante non smuove di un millimetro l’ingegnere Giulio Andreolli, il progettista artefice del restyling partito lo scorso anno, che si sta completando con il rifacimento di Borgo Santa Caterina. «La loro finalità - spiega Andreolli - è segnare la demarcazione tra la corsia destinata ai mezzi e gli spazi esclusivamente dedicati ai pedoni. Le borchie sono un modo molto “soft” di operare questa separazione, e sono realizzate con un’inclinazione tale da essere a prova di qualsiasi incertezza di deambulazione, anche da parte di anziani. Emergono dalla superficie lo stretto necessario, sono visibili anche di notte e sono a mio parere uno strumento che assolve molto bene al proprio compito perché danno alle auto un “avvertimento” quando si spostano nella zona pedonale, ma senza procurare alcun danno».
Era davvero l’unica maniera per dividere la carreggiata? «Dopo una lunga serie di verifiche, assieme al Comune, e l’esame attento di varie alternative si sono rivelate lo strumento più efficace. Ma non abbiamo inventato nulla. Le borchie erano utilizzate già negli anni Sessanta sulle strade urbane - ricordo ad esempio Milano, dove ho studiato - e per il codice della strada erano perfetti sostitutivi della riga continua». Avrà notato di sicuro le critiche, segno che non c’è univocità nell’apprezzamento. «Quelli che hanno espresso critiche sono i pochi che si espongono e alzano la voce, ma ci sono moltissime persone che non hanno alcuna ragione di protestare perché, al contrario, sono contenti del risultato. Direi anzi che mi è capitato molto più spesso che con il Mart (di cui Andreolli è coprogettista, assieme all’architetto Mario Botta, ndr.) di incontrare per strada cittadini che si complimentano per le scelte fatte su via Dante. La mia idea, che è rimasta tale, è di creare una città più ospitale con i pedoni, e credo che il risultato sia una conseguenza di queste intenzioni iniziali». Nessun pericolo dunque secondo lei? «Le borchie non sono pericolose, mentre se un ciclista si scontra con un marciapiede cade quasi di sicuro. Ed è probabile che si faccia pure del male, tanto più se ricade sullo spigolo del marciapiede. Se una bici o un motorino si imbattono in una borchia capiscono subito di trovarsi dalla parte sbagliata della carreggiata, correggono la loro traiettoria ma non vengono messi in pericolo».
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