Patrizia Belli: «Un protagonista del nostro tempo»

ROVERETO. «Erano gli anni '70 e quando Francesco Cocco lasciò la sua Venezia per Rovereto. Anche mio padre aveva lasciato la multinazionale Techint di Milano per tornare a Rovereto, dove aveva aperto...



ROVERETO. «Erano gli anni '70 e quando Francesco Cocco lasciò la sua Venezia per Rovereto. Anche mio padre aveva lasciato la multinazionale Techint di Milano per tornare a Rovereto, dove aveva aperto uno studio tecnico nella casa paterna di via Vannetti. Diventarono soci. Cocco conosceva poco il territorio e mio padre nonostante l'esperienza internazionale aveva solo il diploma di geometra. Insieme avrebbero potuto realizzare opere di grande respiro, ma soprattutto decisero di unirsi per una comune visione di entusiasmo e sensibilità nella creazione di opere urbane a misura d'uomo. Furono gli anni in cui imparai a conoscere Francesco, ad apprezzare la sua straordinaria elasticità mentale. Era un uomo di vastissimi interessi: arte, architettura, cultura. Ricordo discussioni interminabili e bellissime. Era anche ironico: lui e mio padre si sbellicavano dalle risate su quel nome: “Cocco Belli” ricordando il venditore che gira le spiagge gira al grido “cocco bello!”. Ci siamo sempre tenuti in contatto. Mio padre non c'era già più e Francesco per casualità viveva nella casa di Santa Maria dove mio padre era nato. Bruno Zevi di lui scrisse: “Alla fine del secondo millennio gli architetti operanti in città sono spesso in stato di frustrazione: ma dalla provincia emergono forze sorprendenti, individui coraggiosi, come Francesco Cocco”. È stato uno straordinario protagonista del nostro tempo, ha seminato arte nella architettura e architettura nell'arte. È stato anche un caro amico e mi mancherà».













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