È morto Lamberto Ravagni una vita da uomo libero
Partigiano a 17 anni, poi avvocato e consigliere per il Pci. Proprio Libero era il suo nome in montagna. Gli ideali di giustizia sociale e rispetto per ognuno lo hanno guidato fino alla fine
Rovereto. A 93 anni di età si è spento Lamberto Ravagni. Quattro giorni fa era caduto a terra su corso Rosmini, appena uscito di casa. Soccorso, le sue condizioni erano parse subito critiche, per una emorragia cerebrale forse provocata dalla caduta, forse causa della caduta stessa. Per i medici, non operabile. Non si è mai ripreso dal coma. I suoi ultimi attimi di vita cosciente si sono consumati lì, nel cuore della sua città e a pochi passi dal Tribunale. Partigiano, uomo politico nelle file del Pci, avvocato. Una vita intensa che ha vissuto sempre senza cercare scorciatoie, animato da una spinta morale fiera e cristallina, di cui è stato sempre all’altezza. Da avvocato come da consigliere comunale, come da giudice. Sempre come in montagna, quando aveva imbracciato il fucile a 17 anni contro quella barbarie per lui intollerabile e che ha poi denunciato per tutta la vita.
«Nella notte di ieri - ne tratteggia la figura a nome dell’Anpi Mario Cossali - se ne è andato Lamberto Ravagni. Tutta l'Anpi del Trentino lo ricorda con commozione: era uno dei pochissimi ancora in vita tra i partigiani combattenti della nostra regione. Presidente onorario della sezione "Angelo Bettini" di Rovereto e della Vallagarina. Era nato il 20 settembre 1926. Avvocato, poi magistrato amministrativo e consigliere del Tar a Trento fino al 2004. Già negli anni del liceo venne arrestato per propaganda antifascista, sfollato poi a Folgaria, fu nuovamente arrestato e portato nelle carceri di Trento (8 novembre 1943) dove rimase circa tre mesi. Entrò poi nelle file della resistenza, nella Divisione Garemi e divenne comandante di distaccamento del Battaglione Cesare Battisti. Compì diverse azioni da Posina a Tonezza, dal Sommo al Cherle, da Laghi a Terragnolo. È sua una delle prime e più attendibili ricostruzioni dei fatti tragici di Malga Zonta, pubblicata ancora nel 1950 su "Studi Trentini di Scienze Storiche”. Nel dopoguerra partecipò alla vita politica e culturale di Rovereto, dove fu consigliere per il Pci dal 1964 al 1978. Da ricordare un episodio curioso del suo antifascismo giovanile: durante le adunate del sabato organizzate dal regime bisognava ripetere in massa il grido Viva il duce e Lamberto Ravagni con l'amico Sergio Prosser gridava invece Viva il re, mandando su tutte le furie i comandanti. Poi le cose si fecero più serie e più impegnative, Ravagni se la cavò per un pelo anche da una condanna a morte comminatagli dopo una momentanea cattura. Non si vantò mai di niente, non scivolò nell'inganno di una memoria retorica, fu sempre molto asciutto, tanto da sembrare burbero, ma invece amava la compagnia e il buon ritiro tra gli amici. E' stato subito vicino alla giovane Anpi degli anni duemila, anche quando dissentiva. Adesso si sentirà la sua mancanza, anche se ci impegneremo con affetto e fantasia nel suo ricordo».