“Volontari per l’Africa” cessa l’attività 

Nata nel 1985 (e onlus dal 2003) per iniziativa di Ezio Copat: «Siamo invecchiati e la burocrazia è diventata opprimente»


di Roberto Gerola


PERGINE. Nata come semplice Comitato promotore nel 1985, fondata poi ufficialmente le 1999 e divenuta soggetto “onlus” riconosciuto quattro anni dopo, l’Associazione Volontari Trentini per l’Africa è stata cancellata dall’albo delle associazioni di volontari in questi giorni, dalla Provincia. Su richiesta della stessa associazione.

Sono passati quasi 40 anni, ma Ezio Copat, classe 1936, ricorda ancora uno per uno le decine e decine di progetti realizzati in Africa attraverso la “sua” associazione. Era stato lui il promotore di questa lunga opera di volontariato in Africa, più esattamente in Tanzania (soprattutto), ma anche in Sudan, Kenia, Costa d’Avorio e Ciad. Intorno a sé aveva riunito persone generose che lo hanno seguito per lavorare gratuitamente appunto in Africa, dove li portava la voglia di aiutare la popolazione. Insieme a Ezio Copat, fondatori furono: Belisario Stamile (Pergine), Mario Battisti (Riva), Alferdo Bazzanella (Sover), Rino Ruggera (Segonzano), Siro Nervo (Pieve Tesino), Maurizio Moser (Sant’Orsola), Vittorio Copat (Pergine), Antonella Agostini (Trento). Ma attorno a loro ruotava un buon numero di artigiani, spesso pensionati, che si offrivano appunto a lavorare in Africa: elettricisti, muratori, operai, idraulici, falegnami. Erano spesso ex infermieri Op che, in pensione, davano la propria manualità ed esperienza ai progetti che Ezio Copat riusciva a finanziare attraverso donazioni di privati, enti pubblici, società, banche eccetera. Spesso erano preceduti, in terra d’Africa da container pieni di attrezzi, vestiario, materiali vari, piccoli macchinari.

«Ora non è più possibile operare come 30 anni fa - ci diceva Ezio Copat - perché i tempi sono cambiati e non c’è più mano d’opera disponibile. Oltre a essere invecchiati e quindi con le forze venute meno (purtroppo qualcuno di noi non c’è più), è stato anche il sopravvenire della burocrazia a ostacolare la nostra azione. Se un tempo si caricava semplicemente il container pieno sulle navi, ora, ci sono controlli minuziosi su tutto quello che si spedisce e spesso ci sono tasse per poterle poi distribuire o utilizzare le cose spedite. Dobbiamo sottostare a tutta una serie di controlli, alla compilazione super dettagliata degli oggetti, la loro destinazione, l’uso eccetera. Una montagna di carte inverosimile che ci ha fatto desistere. Così abbiamo chiesto la cancellazione dell’albo provinciale delle onlus. Anche se continueremo, pur in forma decisamente ridotta, nella nostra opera».

E pone qualche esempio: anni fa realizzavano progetti anche per 200.000 euro; ora sono azioni da 10/12.000 euro e senza contributi pubblici.

Ezio Copat, da sempre presidente (carica che ha ceduto solo ultimamente) ricorda che il gruppo partiva da Pergine (dopo la foto ricordo) per l’aeroporto.

«Eravamo una decina - racconta al Trentino - ogni volta e si rimaneva per oltre un mese». E Ricorda la prima volta. «Era il 1985, siamo intervenuti in Tanzania nella missione a Hombolo dei Padri Stimatini: ero con tre volontari (1 muratore, 1 falegname e 1 idraulico) che rimasero due mesi. Succedeva spesso che lo stesso volontario contribuisse all’acquisto del biglietto aereo».

«I progetti si succedevano uno all’altro - prosegue Copat - l’assemblea dei soci (una quarantina) selezionava il progetto, si individuava il volontario, il materiale necessario, le attrezzature. C’era una fase di preparazione, poi l’invio del container e quindi l’invio dei volontari. Sul posto si istruivano i giovani che così imparavano un mestiere. Abbiamo formato 150 artigiani in 20 anni nella zona di Masasi in Tanzania, con il paese di Lulindi a cambiare volto, passando dalle capanne di paglia a costruzione in muratura seppur modeste». E questo è solo un esempio.

Poi ci furono scuole, dormitori (con cucina, refettorio eccetera), linee elettriche, fognature, chiese, asili infantili, edifici multiuso, acquedotti, villaggi come lebbrosari. E quindi distribuzione di vestiario, materiale didattico, letti e attrezzature per ospedali, due ambulanze. E l’elenco potrebbe continuare.

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