«Sei stato per noi papà, maestro e guida» 

Le parole del figlio Carlo Alberto hanno accompagnato assieme a parenti e amici l’ultimo viaggio di Carlo Daldoss


di Roberto Gerola


PERGINE. All’ingresso della chiesa parrocchiale era esposta ieri una foto di Carlo Daldoss: aveva una cornice un po’ particolare perché rappresentava l’intelaiatura di un ascensore. La sua foto sopra una eloquente dedica ne era la porta. Carlo Daldoss è morto a sette anni (più qualche giorno) di distanza dal padre Corrado, il fondatore della Elevetronic, l’azienda del Ciré (risale al 1972) che con la sua torre di 44 metri (realizzata nel 1985 e chiamata Dolly, in omaggio alla moglie) domina la piana. L’Elevetronic rappresenta la geniale creatività di Corrado Daldoss che Carlo ha saputo portare avanti, insieme a quel particolare rapporto che il papà aveva con i dipendenti. Insieme al fratello Luca, la Elevetronic si espanse nel mondo.

Ieri a Pergine, i funerali di Carlo Daldoss con la chiesa affollata di amici, conoscenti, molti dipendenti (ed ex dipendenti). E proprio il lavoro, e la dignità che comporta per l’uomo, insieme alla genialità, sono state al centro dell’omelia pronunciata da don Antonio Brugnara. Il sacerdote ha pure sottolineato l’amore di Carlo per l’azienda, per gli oggetti che vi venivano prodotti. «Un carattere un po’ burbero il suo - ha detto don Antonio -, ma sotto quella roccia c’era generosità. La sua vita l’ha vissuta in maniera intensa, ricca di passioni: per lo sport, per le macchine sportive, per la terra occupandosi di un’azienda agricola dove con altrettanta passione produce vino. Ma non trascurava la mamma che visitava regolarmente una volta in settimana, tornando a Pergine». Sono state pronunciate parole di conforto, ma anche di misericordia. «La strada da lui percorsa è sicura per raggiungere il cielo? Nemmeno San Francesco era sicuro di raggiungerlo con la strada percorsa. Occorreva un ascensore ben più lungo, ha proseguito, che solo Cristo aveva». E ancora: «La storia di Carlo è un chicco che produce perché la sua vita è stata produttiva, pur negli sbagli e nella fragilità dell’uomo».

Da qualche anno viveva in Friuli dove appunto coltivava le sue passioni. A lui (divenuto presidente onorario) erano subentrati i figli. E proprio i figli gli hanno reso l’estremo saluto con commoventi parole. Carlo Alberto con la sorella hanno parlato di una relazione non sempre facile con il papà per la lontananza. «Ma nei momenti più importanti eri sempre presente - hanno detto - e da te abbiamo imparato molto. Sei stato un vulcano e non solo papà, ma anche maestro e guida. Hai potuto stare poco con i nipotini, ma racconteremo loro di te, di quanto eri buono e generoso. Nelle due settimane di ospedale ci hai regalato il tempo e siamo stati assieme. Ci consola il fatto che anche da chi ti ha conosciuto abbiamo sentito frasi come sei stato un grande». Infine, il figlio Andrea succeduto al papà nell’azienda. Nel suo breve ultimo saluto ha raccontato aneddoti, eventi, episodi quotidiani dai quali ha fatto emergere la sua determinazione, le sue passioni.













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