«Ci state facendo sentire a casa»
Il racconto e il ringraziamento degli immigrati ospiti sull’altopiano
BASELGA DI PINÉ. La seconda serata organizzata dal parroco Don Stefano Volani e dedicata a “Immigrati: conoscere per capire” ha sviluppato un argomento molto chiacchierato e poco conosciuto, come ha accennato Elena Rinaldi di Cinformi, su “Come funziona l’accoglienza dei richiedenti asilo” in Trentino. In apertura l’assessora Giuliana Sighele ha sottolineato ancora che non è possibile capire i problemi di queste persone che hanno bisogno di accoglienza, se non si conosce il perché della loro partenza da casa e il loro arrivo in Italia. Il toccante video di Raffaela Mannoia e un riassunto della serata precedente, presentato dal moderatore Giorgio Andreotti, hanno introdotto la parte delle relazioni. Sala affollata, ma dalle solite persone, naturalmente mancavano proprio quelle che avrebbero appreso informazioni corrette, «invece di quelle molto parziali trasmesse dai media in campagna elettorale, o divulgate in alcuni bar», come ha sottolineato uno dei ragazzi già inseriti sull’altopiano e attualmente occupato presso un’impresa locale che con un po’ di provocazione si è vestito con le tinte bianco e nero (nella foto), per evidenziare che questi colori stanno molto bene assieme.
La dottoressa Rinaldi ha parlato della filiera dell’accoglienza in Trentino, dalla squadra di pronta accoglienza preparata per il momento dell’arrivo, il più delicato, della prima e della seconda accoglienza. Ha evidenziato che sono le strutture di piccole dimensioni, come quella di Villa Lory, che funzionano meglio mentre quelle più grandi sono di difficile gestibilità. Infatti, una delle richieste che i responsabili di Cinformi di Trento hanno fatto è quella di ottenere delle strutture più agili, dove ospitare al massimo venti persone e soprattutto una Commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione internazionale in Trentino Alto Adige, per snellire le procedure di accettazione o diniego della protezione. L’attesa, che a volte si protrae fino ai due anni, non fa bene ai profughi che passano molte giornate studiando, facendo dei lavori di volontariato, ma anche annoiandosi e ad alcuni residenti che si chiedono, troppo spesso, “ma cosa fanno ancora qui questi”?
Per fortuna non tutte le persone sono intolleranti ha evidenziato Fulvio Andreatta, presidente della Cooperativa C.A.S.A. del Rododendro, che ha spiegato come la cooperativa che presiede ha attivato una serie di attività, assiste le istituzioni nei progetti di ripristino dell’ambiente provvedendo ad assicurare i giovani profughi, ha messo a disposizione delle volontarie la struttura per il doposcuola, per assistere gli stessi nel miglioramento dell’apprendimento della lingua italiana e di alcune norme di educazione civica. Maria Grazia Baccolo, della Cri, ha aggiunto alcune informazioni su come la struttura di Miola, impostata tra la prima e la seconda accoglienza, funziona. Quattro ragazzi senegalesi hanno parlato in italiano della loro tragica esperienza da quando sono partiti dal loro paese fino all’arrivo a Baselga, dei loro progetti, e hanno ringraziato tutte le persone che sono loro vicine, in particolare Giuseppe e Maria Grazia che li hanno fatti sentire subito con la loro presenza, meno indesiderati e “quasi a casa”.