Casa dell’angelo Nithael venduta all’asta
Maso Agnellini, già sede dell’associazione Santo Graal gestita dal “santone Bruno”, aggiudicato a due giovani perginesi
PERGINE. Venduto all’asta il Maso Agnellini, l’edificio sul comune catastale di Falesina conosciuto alle cronache come la casa dell’angelo Nithael, sede dell’allora associazione Santo Graal e dimora del “santone Bruno”. Maso Agnellini che si raggiunge percorrendo circa due km di ripida e impervia stradina comunale (ma per bellissime passeggiate visto il panorama che offre una volta arrivati) è anche noto come “Singerhoff”, un edificio isolato posto tra il Rio Rigolor e l’abitato di Falesina e che domina la valle del Fersina nel tratto con Canezza e Zivignago sul fondovalle. Era all’asta giudiziaria ormai da anno ed è stato aggiudicato qualche settimana fa a due giovani di Pergine che intendono adibirlo a propria abitazione.
L’inquilino se ne andato approdando ad altri lidi lasciando tuttavia i suoi cani e incaricando una sorta di “custode” di accudirli. La cosa era andata avanti per alcuni giorni ed anche il sindaco Danilo Anderle se ne era occupato. Poi, i cani sono stati prelevati dallo stesso sindaco Anderle (con gli operai del Comune) e affidati a strutture idonee. E’ stato a metà dicembre.
Maso Agnellini con la storia del “santone” per diverso tempo è stata l’immagine a corredo degli articoli che raccontavano i passi dell’indagine della squadra mobile che aveva portato sul banco degli imputati Antonio Bruno con due accuse pesanti. Per la prima, quella di violenza sessuale era stato assolto, la seconda, quella di truffa, si era chiusa con un patteggiamento. Una vicenda che aveva avuto eco a livello nazionale e con una trasmissione di Canale 5 con la conduttrice (era Paola Perego) finita a giudizio per diffamazione. Ma soprattutto quella che ha avuto come scenografia il maso Agnellini è stata una vicenda complicata nella quale il bisogno di alcune persone di cercare un aiuto soprannaturale sarebbe stato sfruttato da Antonio Bruno. Una vicenda raccontata dettagliatamente dal filone giudiziario che si è occupato dell’accusa di truffa. Una vicenda che risale a oltre 10 anni fa e che si era conclusa nel 2006.
Antonio Bruno, il “santone” di Vignola Falesina era accusato, appunto, di truffa aggravata per aver raggirato alcune adepte dell'associazione Santo Graal ottenendo in cambio denaro. Tesi che Bruno ha sempre negato, sostenendo invece di avere sempre agito alla luce del sole: «Quei soldi venivano donati in modo consapevole», era stata dall'inizio la sua difesa. Bruno aveva spiegato che l'associazione di cui era presidente nelle sue finalità aveva anche l'ampliamento del maso già esistente e l'acquisto di uno nuovo per la realizzazione di quel bed & breakfast immerso nel verde e in cui i visitatori avrebbero trovato anche un luogo di rilassamento spirituale. «Tutti eravamo d'accordo - aveva spiegato Bruno - e i soldi sono stati utilizzati solo per questo scopo». Quanto alla “smaterializzazione” del denaro Bruno aveva spiegato che quello era solo un termine usato per far capire agli adepti che i soldi - una volta donati - venivano impiegati per gli scopi associativi o per perseguire altri nobili fini come la lotta al terrorismo e l'aiuto delle vittime dello tsunami (avvenuto nel 2004). L’indagine si era conclusa nel 2006.
Nel marzo del 2008, invece, l’assoluzione definitiva di Bruno dall’accusa di violenza sessuale. Tutte le donne - ascoltate in sede di indagine - avevano confermato che i rapporti sessuali avvennero nell'ambito del loro percorso psicologico e spirituale iniziato proprio insieme ad Antonio Bruno, un elemento questo alla base delle due richieste di archiviazione.
Proprietario del maso era Alvaro Bontempelli, scomparso l’estate scorsa. Era lui a ospitare Antonio Bruno. Dalle carte dell’asta giudiziaria emerge la descrizione: «Maso isolato con due unità abitative in buono stato, sviluppato su due livelli fuori terra più uno seminterrato ed un sottotetto e così costituito: a piano seminterrato taverna - a primo piano unità abitativa composta da doppio ingresso, due bagni, quattro stanze, cucina e soggiorno; a secondo piano un’altra unità abitativa composta da doppio ingresso con scale esterne in legno, quattro stanze, quattro bagni, cucina-soggiorno; a piano sottotetto/soppalco soffitta collegata da scala interna - cortile esterno - terreni a prato-bosco limitrofi all’edificio». La sua vendita chiude così una storia tormentata.