«Casa del custode legata all’attività del parco»
La polemica. Il presidente del comitato di gestione del futuro Parco del Rastel, Dario Gottardi: «E’ un intervento marginale rispetto a tutto il resto dove c’ è una immensità di lavori da fare»
Pergine. E’ un vulcano di idee, Dario Gottardi, presidente del comitato di gestione del futuro Parco didattico-agricolo del Rastel e presidente dell’associazione omonima. Lo chiamiamo al telefono, fra un lavoro nei campi e un appuntamento per le attività della sua associazione, che conta cinquanta soci e ha un bilancio che pareggia di anno in anno, a seconda dei progetti attivati, fra i ventimila e i sessantamila euro. Vogliamo sentire cosa vorrebbe dire a chi (Pd ed Europa Verde) nei giorni scorsi ha presentato osservazioni critiche verso il Piano di lottizzazione di Maso Braito, prodromico all’effettiva nascita del parco. Dopo quelle osservazioni, era intervenuto l’assessore comunale all’urbanistica e ambiente, Massimo Negriolli, a difendere la correttezza dell’operazione di perequazione e anche la progettista, architetta Licia Pirazzi.
«Nessuna polemica, io penso a lavorare – dice subito Gottardi– il nostro scopo è progredire e coinvolgere tutti nelle nostre attività sociali, anche chi oggi non sembra convinto della loro positività. Il parco del Rastel è uno strumento per progetti sociali. Sarà un valido supporto all’associazione Rastel, che non ha fabbricati o terreni suoi».
I progetti elencati sono di vario genere, spesso con persone fragili, anche rivolti a minori con problemi psicofisici. L’ultimo progetto che cita si chiama “Comunità biodiversa”, chiuso formalmente a fine novembre, «ma stiamo continuando a spese nostre», commenta. Si sono affacciati ai terreni dove sorgerà il parco vari ragazzi stranieri e anche minori seguiti da Appm, che hanno svolto un tirocinio nell’azienda agricola di Gottardi. «Non siamo alle prime esperienze, ci stiamo consolidando».
L’associazione Rastel ha avuto nel corso degli anni progetti con il Servizi politiche sociali della Provincia, finanziamenti dalla Chiesa valdese e dalla Cassa Rurale Alta Valsugana, in particolare per avviare al lavoro ragazzi richiedenti asilo, coinvolti in lavori agricoli, nella trasformazione di prodotti e in orticoltura. Con la cooperativa Archè sono stati organizzati progetti con richiedenti asilo e con giovani con disabilità psichiche, residenti in zona, in forma di laboratorio “dall’orto al piatto, laboratorio”. In cantiere ci sono altri progetti anche per il 2021. Gottardi ci tiene a ricordare un progetto, chiuso nel 2019, sulla sicurezza alimentare in Etiopia, durato tre anni, pagato dalla Provincia, che ha portato a coltivare terreni abbandonati «che adesso sono lavorati e contribuiscono al cibo per tre istituti scolastici etiopi, con 300 elementi ciascuno».
Ci tiene anche a ricordare che l’associazione spesso mette soldi propri nelle attività: «Le attività hanno varie volte attirato anche le scuole del territorio, ad esempio quelle di Susà e di Tenna».
Le idee per il futuro sono tante, come forme innovative e più sostenibili di agricoltura (permocultura e food-forest).
«Speriamo di poter fare eventi: portar qua gente non è mai stato un problema, adesso col virus faccio fatica a capire come possiamo finanziarci», dice ancora Dario Gottardi.
La casa del custode, indicata come possibile piccola speculazione edilizia dalle osservazioni critiche presentate in Comune?
Gottardi spiega: «Abbiamo costituto per gestire il parco un comitato, su richiesta del Comune, del quale fanno parte i proprietari dei terreni dove interviene la convenzione del Piano attuativo: solo qualcuno farà gestione diretta, altri delegheranno. La casa del custode rimane di proprietà di un privato membro del comitato e sarà legata alle attività del Parco. E’ marginale rispetto a tutto il resto, che è una immensità di lavori da fare».
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