«Volevano usurpare il terreno privato»
L’avvocato di Luis Weiss dà un’altra versione della causa tra l’allevatore e il Comune di Castelfondo
CASTELFONDO. “Non è assolutamente corretto sostenere che la vicenda giudiziaria relativa al regolamento dei confini tra il privato ed il comune di Castelfondo si sia risolta a favore del comune, né che lo sconfinamento lamentato dal Comune interessi 1.500 metri quadrati, e nemmeno che a decidere la questione sia stata la documentazione mappale fornita dal Comune che il Giudice avrebbe accolto come prova decisiva per delineare il confine”.
Non si è fatta attendere la replica del privato interessato, Luis Weiss di Senale San Felice, che con una nota del suo legale, l’avvocato Lawrence Fattori, di Cles, fornisce la sua versione della vicenda che si è conclusa – afferma l’avvocato – senza un vero vincitore.
“Difatti la querelle è nata poiché - secondo le mappe fornite dal Comune - si chiedeva al privato la restituzione di 3.200 metri quadri ed il risarcimento del danno per illegittima occupazione. Grazie alle verifiche tecniche effettuate dal Tribunale sulle mappe prodotte dallo stesso Comune è emerso che l’area occupata dal privato occupava la minor superficie di 1.180 metri quadri e che, per giunta, anche il Comune, dal canto suo, occupava superficie di proprietà del privato. Il tutto poiché le mappe in montagna non sono quasi mai attendibili ed occorre effettuare delle operazioni di confronto e raffronto delicate e complesse. Il Comune, in buona sostanza, pretendeva dal privato quasi il triplo della superficie e quindi voleva usurpare ingiustamente terreno privato”.
Il giudice inoltre ha respinto la domanda volta a condannare il privato al risarcimento per occupazione senza titolo della proprietà comunale, in quanto il comune non ha dimostrato che il privato l’avesse sottratta ai concittadini. “Con buona pace dei suoi proclami il sindaco, che dice di aver difeso il patrimonio comunale e portato avanti una questione di principio, ad avviso del confinante avrebbe fatto meglio a cercare una soluzione conciliativa con il privato e risolvere la questione “a costo zero” nell’interesse dell’intera comunità, anziché trascinarlo in Tribunale spendendo denaro pubblico per il pagamento delle spese legali” - conclude la nota. Che in sostanza da valore ad un antico detto noneso “Meglio un ‘cattivo’ accordo che una ‘grassa’ sentenza”.