Una Renetta al giorno per ridurre il colesterolo 

A Cles studi e ricercatori a confronto sulle sinergie tra mela e organismo umano Il frutto principe della Val di Non aiuta l’intestino e abbassa anche la pressione


di Giacomo Eccher


CLES. Mele e salute, le ultime scoperte. Di questo si è parlato venerdì sera a Cles nel convegno organizzato dal mensile il Melo con due relazioni scientifiche introduttive e un successivo dibattito tra ricercatori di ieri e di oggi.

La domanda di fondo era, parafrasando un vecchio detto, “Quante e quali mele al giorno servono per togliersi il medico di torno?” e le risposte sono arrivate forti e chiare con dati scientifici commentati anche del medico nutrizionista dell’Azienda sanitaria di Trento, Giuseppe Pasolini. Una grande occasione dunque per saperne di più sulla mela e conoscere davvero cosa è questo frutto e quali benefici si hanno mangiandolo, anche e soprattutto con la buccia.

Introdotto dalla giornalista Sara Ravanelli, che ha sintetizzato le finalità del convegno, il professor Fulvio Mattivi, Università di Trento e Centro ricerca e innovazione della Fondazione Edmund Mach, ha portato i risultati dei suoi studi sul “metabolismo della mela: una sinergia tra l’organismo umano e le comunità batteriche intestinali”. Tema poi sviluppato dalla seconda relatrice, la dottoressa Francesca Fava (Fondazione Mach), sul “ruolo del microbiota intestinale nel modulare le proprietà salutistiche della mela”. Le ricerche hanno seguito un percorso che ha utilizzato inizialmente un modello in vitro di fermentazione microbica intestinale, e successivamente condotto interventi nutrizionali sull’uomo con somministrazione di mela ‘in acuto’ oppure prolungata per otto settimane.

I risultati ottenuti – hanno spiegato i due relatori - indicano come le mele, ed in particolare la mela Renetta Canada, ma anche Golden Delicious e Pink Lady, abbiano la capacità di funzionare come efficaci ‘prebiotici’ in vitro, con un effetto sul microbiota intestinale superiore a quello indotto dalla fibra. Inoltre il microbiota intestinale risulta avere un ruolo decisivo per assicurare la biodisponibilità dei polifenoli della mela, largamente mediato dai batteri intestinali. E non solo, gli studi ancora in corso stanno delucidando i meccanismi tramite i quali le mele Renetta Canada, assunte regolarmente, possono ridurre significativamente il colesterolo totale ed LDL e alcune molecole di adesione vascolare importanti nell’insorgenza di ipertensione arteriosa.

Ne è seguito un dibattito condotto dal giornalista agricolo Sergio Ferrari che ha coinvolto l’ex direttore del Dipartimento chimico di analisi di San Michele negli anni ‘80, Giulio Margheri (con le prime scoperte sui polifenoli presenti nella mela Renetta), il dottor Riccardo Velasco già direttore del Dipartimento di Genomica applicata al miglioramento delle piante da frutto del Istituto agrario di San Michele (ed attualmente direttore del Centro sperimentale per la viticoltura di Conegliano Veneto) e il giovane dottorando di San Michele Brian Farneti, recentemente premiato per il miglior articolo scientifico nel 2018 nel campo della genetica agraria.

«Un raffronto interessante tra il passato (dottor Margheri) ed i suoi allievi che oggi dispongono di altri strumenti e risorse per proseguire le ricerche e le intuizioni degli anni ‘80” - ha sintetizzato Ferrari coinvolgendo nel dibattito il presidente di Melinda, Michele Odorizzi, presente tra il pubblico. In sala (purtroppo con pochi contadini, teoricamente i più interessati a capire il valore delle ‘loro’ mele) anche il direttore della Fondazione Mach, Sergio Menapace e molti ex alunni dell’istituto agrario. Le conclusioni, in sintesi del convegno, verranno pubblicate sul mensile il Melo nei prossimi numeri.















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