Lo sport e i suoi fasti sul calendario 2019 in dialetto clesiano
La terza edizione di “El Scudelar” ripropone vecchie foto di gare e campioni: ciclismo, calcio, sci ma anche bocce
CLES. È in edicola “El Scudelar”, chjalandari 2019, terza edizione del calendario in rigoroso vernacolo clesiano che quest’anno propone una retrospettiva di quasi un secolo di sport nella borgata fino agli anni Settanta.
“Scudelari” è il soprannome che gli “altri” nonesi danno ai nonesi di Cles in ricordo dei tempi magri in cui i clesiani si guadagnavano da vivere vendendo, come ambulanti, le scodelle di terracotta prodotte in una fabbrica allora esistente nel paese. Una storia, questa, come tante altre, che rischiano di perdersi nella frenetica attualità, ma che i promotori del chjalandari cercano di rammentare per flash riproponendo vecchie immagini degli albori delle varie discipline sportive che a Cles hanno conosciuto fasti e campioni soprattutto nel ciclismo e nel calcio ma anche nella corsa, nello sci, nell’alpinismo (con lo “scudelar” acquisito Carlo Claus, uno degli eroi del Cerro Torre, lavisano di origine), nel tennis, nell’atletica e con i motori. Ma non mancano nemmeno immagini dei semplici e felici passatempi di una volta come il tiro alla fune come sfida tra rioni, le bocce sulla terra, il pattinaggio sul ghiaccio. Il tutto con richiami e didascalie in stretto dialetto clesiano che nel contesto linguistico della Valle di Non ha diverse caratterizzazioni che lo rendono unico come testimoniano scritti e versi dei poeti locali Sergio de Carneri, Fabrizio da Trieste e il compianto medico e cantautore Carlo Piz.
El chjalandari (in vendita alla Pro Loco e alla Tipografia Visintainer in piazza Granda) nasce dal lavoro di un pool di clesiani impegnati a ricordare la storia della loro borgata pur senza avere la pretesa di scriverla, ma solo di fissarne alcune significative testimonianze. Del gruppo fanno parte, fin dalla prima edizione, Andrea Conta (che lavora nel mondo dell’editoria), Francesco Visintainer (titolare dell'omonima edicola-cartoleria clesiana), Ferruccio Mascotti, collezionista di foto, documenti d’epoca e di tanto altro, Paolo Trepin, Franco Dalpez.
Le parole non sono tante perché lo spazio è occupato dalle immagini che parlano benissimo da sole nel loro splendido bianco e nero, ma pur nei pochi testi riaffiora l’orgoglio clesiano, non però senza autoironia. Come appunto il richiamo al soprannome (scudelari) che ricorda il commercio ambulante che molti clesiani dell’epoca facevano per sopravvivere portando in giro vasellami (appunto le scudele) di terracotta prodotte dalla ditta del loro paese. Scritti e didascalie dunque in dialetto stretto ma con un occhio attento al vocabolario anaunico solandro del tuennese Enrico Quaresima di cui viene citata la definizione di scudelar e tratta una curiosa vicenda del 1948. Erano i mesi in cui, finita la diga, si stava riempiendo il lago di Santa Giustina e una domenica su un giornale di Trento era comparso il nome “lago di Cles” (e non di Santa Giustina), denominazione che poi non ha avuto seguito lasciando spazio alla santa. Ma la notizia c’era tutta e – ricorda il Quaresima – alla vista del giornale in una osteria di Casez, un avventore con riferimento al “furto” del nome del lago, è sbottato: «Maledetti Scudelari, anca ’l lac i vuél portarse via!».