«Le scuole non diventino laboratori medico-sanitari»
La riapertura di nidi e materne. Dopo quella delle colleghe di Rallo, un’altra lettera scritta da un gruppo di maestre della Val di Non. «Ai genitori si dovevano offrire servizi di altra natura»
Val di non. “Il rischio è che le nostre scuole diventino un laboratorio medico-sanitario e un luogo di separazioni, distinzioni e divieti, igienizzazione e sanificazione, che non prefigura assolutamente uno stare a scuola piacevole e costruttivo”.
Il messaggio, accorato e preoccupato, arriva direttamente da chi, in quelle scuole che a breve riapriranno le porte ai bimbi, ci ha sempre lavorato costruendo relazioni fatte di prossimità, sorrisi reciproci, contatto fisico, collaborazione e scambio.
Un gruppo di insegnanti delle scuole dell’infanzia della Val di Non ha affidato alle righe di una lettera aperta (la seconda dopo quella delle colleghe di Rallo che il Trentino ha pubblicato ieri) le proprie perplessità riguardo alla decisione della giunta provinciale di riaprire nidi e materne nei mesi di giugno e luglio.
Una prima riflessione nasce dal buon senso. “Le scuole sono state chiuse da marzo proprio per la loro caratteristica di ambienti comunitari e quindi a forte rischio, dove i bambini, i docenti, gli educatori e tutti gli operatori vivono a stretto contatto, anche fisico – si legge nella lettera –. Nella scuola dell’infanzia la costruzione della conoscenza e lo sviluppo di competenze nel bambino passano attraverso la socializzazione degli apprendimenti. C’è vicinanza mentre si parla e ci si relaziona”.
Secondo il rapporto dell’Inapp, subito dopo il comparto sanitario, il settore più a rischio per la prossimità fisica è proprio quello dell’istruzione pre-scolare e degli asili nido. Durante il lockdown le maestre hanno avviato un tipo di didattica a distanza proponendo ai bambini giochi, storie, attività. Ora, a fine anno scolastico, si ritorna “improvvisamente” a scuola. Niente contatti, però. Niente mani che si stringono, niente abbracci, niente carezze. E attenzione allo scambio di oggetti e giocattoli.
“Il nostro compito sarà di vigilare sul distanziamento – scrive il gruppo di maestre – trasmettendo il “valore” che stare lontani, non toccarsi, non prestarsi i giochi è positivo, non mescolarsi con altri bambini è la regola. Ci relazioneremo attraverso la mascherina e lavarsi le mani diventerà un’ossessione. Accoglieremo con turbamento uno starnuto, un colpo di tosse, un bimbo con un po’ di saliva sulle mani”.
Probabilmente saranno installate delle barriere di plexiglas dove si consumerà il pasto, ci saranno entrate differenziate per ciascun gruppo e forse la scuola non sarà per tutti ma, in base allo spazio dell’edificio, al numero di insegnanti e al lavoro dei genitori, qualcuno potrà non essere accolto. Per non parlare delle problematiche che potrebbero scaturire se un bambino manifestasse dei sintomi sospetti o risultasse positivo al Covid.
“Capiamo l’esigenza di un supporto per i genitori che lavorano, cui per altro la classe politica poteva dare una risposta attraverso servizi e aiuti di altra natura, ma non comprendiamo la fretta di ritornare, mettendo a rischio i bambini, le famiglie, noi stesse e le nostre di famiglie – sostengono le insegnanti –. Riteniamo che occorra lungimiranza, attendere che i tempi siano più maturi, lasciar passare ancora un po’ di tempo e decidere per il rientro quando siano stati valutati veramente i rischi. Allora riaprirebbe la vera scuola e non un servizio socio-assistenziale, con nostra piena approvazione e tutto l’impegno che ci abbiamo sempre messo”.
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