La storia di Gino Bartali, salvatore di ebrei 

Oggi a Tres la prima di due serate dedicate alla Giornata della memoria. La seconda venerdì a Taio



PREDAIA. Al Pra del Lac di Tres oggi si racconta la storia di Gino Bartali, il “Ginettaccio” che ha salvato decine di ebrei durante la seconda guerra mondiale, mentre venerdì a Taio, all’auditorium, si parlerà dell’odissea degli internati provenienti dal Trentino e in particolare da Predaia. Questi i due temi proposti dal Comune di Predaia in occasione della Giornata della memoria 2019. «Occasioni per mettere in evidenza come, nei momenti più bui della storia, siano importanti le gesta umanitarie di persone comuni, che hanno saputo mantenere vivi la compassione e l’aiuto al prossimo» - fa notare l’assessore comunale alla cultura, Elisa Chini, presentando la doppia iniziativa.

Oggi si parla di Bartali, uno dei più grandi campioni di ciclismo e dello sport in genere, e un grande uomo anche nella vita. Tra gli ospiti della serata ci saranno anche i due campioni nonesi del pedale di ieri e di oggi, Maurizio Fondriest e Gianni Moscon. Lo spettacolo “Ginettaccio” dipinge con tinte dolci una semplice ma straordinaria vicenda umana, quella del grande ciclista di cui Giovanni Betto e Paolo Perin racconteranno l’infanzia, l’ascesa sportiva e l’impegno sociale.

Il 25 gennaio, per il secondo appuntamento che si terrà dalle 20.30 nell’Auditorium di Taio, c’è “L’immane sacrificio degli Internati Militari Italiani” (in sigla IMI): una serata per non dimenticare che racconterà le vicende del “Bunker Valentin” e dei prigionieri di guerra trentini che furono forzatamente costretti a lavorare alla sua costruzione.

Il “Bunker Valentin” - ricorda il curatore della serata Alberto Mosca - è un enorme edificio di cemento armato, lungo 400 metri, largo quasi 100 e alto 30. Si trova a Farge, in Germania, poche decine di chilometri a nord di Brema, lungo le sponde del fiume Weser. Nei piani dei nazisti doveva diventare un inattaccabile cantiere navale con all’interno una catena di montaggio che ogni due giorni avrebbe dovuto assemblare un sommergibile completo, pronto per raggiungere il mare. La seconda guerra mondiale ebbe fine prima che il progetto potesse compiersi interamente.

Alla costruzione del “Bunker” hanno forzatamente lavorato, sottoposti a condizioni intollerabili, anche molti IMI fatti prigionieri dai tedeschi dopo la firma dell’Armistizio dell’8 settembre 1943. Tra di loro anche alcuni trentini.

Elia Tomasi, di Mattarello, classe 1924, scomparso nel 2014, rientrò dalla Germania con un piccolo bloc notes con annotati alcuni nominativi e indirizzi di compagni di prigionia. Tra questi anche Renato Brida, classe 1921, di Priò: sono stati i suoi figli, Danilo e Fiorello, a rispondere all’appello di Maurizio Tomasi (figlio di Elia) e ad accogliere la sua proposta di promuovere un’iniziativa dedicata al “Bunker Valentin” e agli IMI della Predaia.

L’appuntamento sarà aperto dall’intervento di Alessandro Giovannini, autore nel 2011 di una tesi di laurea sugli IMI trentini, che ne ha rintracciato 5.129 consultando i fogli matricolari dei militari di leva nati fra il 1916 e il 1925, a dimostrazione di come gli eventi storici seguiti all’8 settembre 1943 abbiano pesantemente coinvolto la popolazione provinciale. (g.e.)















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