Il laghetto della marchesa? Una pozza putrida
Denno. Tiene banco a Denno la questione riguardante il “laghetto della Marchesa”, dopo che Ivana Merlo ha lanciato su una piattaforma online una petizione per salvare lo stagno. Petizione...
Denno. Tiene banco a Denno la questione riguardante il “laghetto della Marchesa”, dopo che Ivana Merlo ha lanciato su una piattaforma online una petizione per salvare lo stagno. Petizione sottoscritta anche da padre Alex Zanotelli, Cristiano Vernesi e dal consigliere provinciale candidato sindaco di Trento Filippo Degasperi.
Attraverso una lettera inviata al Trentino, Roberto Alessandro Caffo, proprietario dell’area, intende chiarire i contorni della vicenda. «Poiché la signora Merlo sta montando una incomprensibile campagna a proposito di questo stagno, tacendo e travisando la realtà, e pur apprezzando, in astratto, il suo impegno naturalistico, penso che prima di prendere una posizione e imbastire addirittura una campagna di stampa, sarebbe opportuno conoscere sia i luoghi, sia le motivazioni che portano a determinate decisioni» scrive Caffo, che spiega come la zona in questione abbia un’area di circa 4 mila metri quadri, in gran parte occupati da uno stagno artificiale scavato negli anni ‘50 del ‘900 come bacino di irrigazione.
«All’epoca, essendo l’irrigazione comunale ancora a scorrimento, mia madre aveva fatto costruire un autonomo impianto a pioggia, utilizzando alcune sorgenti che impaludavano un tratto di terreno nel punto più basso della campagna – rivela –. Col tempo tale bacino è risultato assolutamente insufficiente, anche a causa del quasi totale inaridimento delle sorgenti che lo alimentavano, cosicché è stato necessario dismettere l’impianto autonomo e aderire al consorzio irriguo».
Non più alimentato, il bacino è diventato una “pozza” di acqua stagnante, coperta di alghe e di alberi caduti, fonte di miasmi puzzolenti e nidi di zanzare. «Ciò ha comportato il crescere delle proteste degli abitanti della zona (la signora Merlo prima di tutti) e una serie di ordinanze e diffide da parte del Comune, che mi ha obbligato a spargere periodicamente potenti veleni sull’acqua nel tentativo - peraltro vano - di eliminare gli insetti, ma con il risultato di eliminare, invece, quel poco di fauna (i “famosi” girini, in particolare) che ancora vi sopravviveva».
Di recente, a seguito della caduta di un paio di grossi rami sulla strada comunale che costeggia lo stagno, il Comune ha emesso una nuova ordinanza per l’abbattimento degli alberi sul bordo dello stagno e, stanti le sempre più vivaci proteste dei vicini a causa delle zanzare, per lo svuotamento del bacino.
«Certo, con la spesa di qualche decina di migliaia di euro potrei ripulire la zona e potare gli alberi (non ripristinare il laghetto perché senza immissione resterebbe sempre una pozza di acqua stagnante) e con 5-6 mila euro l’anno mantenerla in stato decoroso – conclude Caffo –. Ma i soldi me li dà la Provincia? O la signora Merlo? E se, nonostante tutto, qualcuno si fa male, la responsabilità civile e penale chi se la assume? Io non diventerò certo più ricco se al posto di 4 mila metri di area incolta pianto un frutteto biologico, ma almeno la smetterò di avere seccature e minacce da parte dei vicini e dell’amministrazione comunale. Se però si ritiene che tale fazzoletto di terra sia vitale per il benessere della popolazione, la Provincia lo compri e lo gestisca, perché altrimenti è facile fare il bene comune a spese altrui». F.B.