Centro per l’Infanzia «Il concorso sa di beffa»
Lavoro. Si alza da Castelfondo la voce di Luisa Marchetti, prima classificata su trecento aspiranti ad un impiego che non è disponibile, perché prima vanno stabilizzati molti precari
VAL DI NON. In genere, chi vince un concorso nella pubblica amministrazione paga una cena agli amici e si prepara a prendere servizio, il che, con i tempi che corrono, non è cosa da poco. In certi casi, però, la procedura non è così lineare e si avvicina di più a quella di una lotteria. È quello che potrebbe capitare, nella nostra Provincia, alle prime classificate del concorso per il Centro provinciale per l'Infanzia, che rischiano di trovarsi ora con un palmo di naso.
Un vicenda kafkiana che ci è stata raccontata da Luisa Marchetti di Castelfondo, la prima classificata, una laurea triennale in Scienze dell'educazione e una successiva laurea magistrale in Scienze pedagogiche, che parla anche a nome delle altre interessate.
Ma andiamo con ordine. Il 28 dicembre 2017 la Giunta provinciale bandisce un concorso pubblico per titoli ed esami “per l'eventuale assunzione a tempo indeterminato di personale da assegnare prioritariamente” a tale servizio e il 29 marzo successivo la stessa Giunta nomina la relativa commissione d'esame di cinque membri, per una spesa complessiva di 13.200 euro.
Vengono previste tre prove scritte ed una prova orale finale, rispettivamente il 9 aprile, il 2 maggio, il 7 ed il 12 luglio 2018, alle quali partecipano complessivamente più di trecento candidate, molte da fuori provincia, una sessantina soltanto delle quali arrivano fino in fondo.
La graduatoria definitiva (53 nominativi) viene infine pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione l'11 luglio 2018 e a questo punto le primissime classificate cominciano a fare qualche conto.
«Il bando di concorso, è vero, non parlava di assunzione, ma di “eventuale assunzione” nell'arco di un triennio, con scadenza il 6 luglio 2021, quindi si tratta solo di aspettare che si liberi qualche posto, perché, se la Giunta provinciale non avesse previsto questa possibilità, non avrebbe avuto senso bandire un concorso ed illudere per niente più di trecento persone» - afferma Luisa Marchetti.
Dopo qualche mese, le prime classificate cominciano quindi a contattare gli uffici competenti e qui arriva la prima doccia fredda, poiché «sì - rispondono quelli - dovrebbero esserci delle assunzioni, ma proprio non sappiamo quando, perché, prima di assumere dalla graduatoria, dobbiamo stabilizzare il personale precario con i requisiti della cosiddetta legge Madia (bisogna avere maturato al 31.12.2017 almeno tre anni di servizio, anche non continuativo, negli ultimi 8, vale a dire dal 2009), cosa che nel bando di concorso non era stata minimamente accennata».
Malgrado la tanto decantata trasparenza amministrativa, nessuno però dice (o sa?) quanti posti vacanti si possano prevedere, almeno per pensionamento, fino al 6 luglio 2021, e, soprattutto, quante siano le persone in servizio con i requisiti necessari per essere stabilizzate, ed a questo punto il concorso del 2018 rischia davvero di risolversi in una colossale presa in giro.
La legge Madia, spiegano infatti le interessate, è del 28 agosto 2015 e blocca i requisiti da essa previsti al 31.12.2017, e non è concepibile che la Giunta provinciale, bandendo il concorso tre giorni prima, non sapesse quanto personale precario avrebbe dovuto eventualmente stabilizzare e se, di conseguenza, valesse o non valesse la pena bandire il concorso medesimo.
«Ognuna di noi- conclude Luisa Marchetti - per fare quel concorso ha dovuto impegnarsi, spesso ricorrendo, come nel mio caso, ai propri genitori come baby sitter per potere conciliare, nei ritagli di tempo, studio, famiglia e lavoro precario, e non è detto che tra qualche anno, a graduatoria scaduta, saremo egualmente in grado di affrontarne un altro, e tutto questo a prescindere dalla nostra tanto vantata autonomia, che, invece di semplificare le cose, ci sembra, qualche volta, complicarle».