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Nelle Rsa gli ausiliari al posto degli Oss: il no di Cgil e infermieri

Dure le reazioni alla notizia del corso da 68 ore per formare personale e colmare la carenza di personale

LA DENUNCIA DELLA FENALT: “C’è il rischio di un’assistenza non adeguata”



TRENTO. Dopo la Fenalt anche la Cgil Fp e l'Opi, l’ordine delle professioni infermieristiche, prendono posizione contro il “mini corso” che porta alla qualifica di ausiliari e quindi ad un possibile posto di lavoro nelle Rsa trentine.

 "Upipa e l'Opera 'Armida Barelli' condividono l'idea di un corso da 68 ore per sostituire le scuole Oss che ne chiedono 1.400. Sembra che invece di incentivare la professionalità e la preparazione dei lavoratori delle Rsa si voglia solo riempire dei buchi". Così, in una nota, il segretario generale Fp Cgil, Luigi Diaspro, e il referente sindacale del settore, Alessandro Lazzarini, secondo cui gli Oss "non si possono sostituire con lavoratori meno preparati".

"Con questo corso si avalla, infatti, l'idea che vadano bene persone meno formate: chi frequenta i corsi per Oss affronta due anni di studio per potersi occupare degli anziani a 360 gradi. Il lavoro in Rsa è diventato negli ultimi anni ancora più complesso e ha bisogno sempre più di grande professionalità.

Con questo corso si avrà un rapido abbassamento della qualità dei servizi, peraltro già in atto", affermano i due sindacalisti, rilevando come in alcune strutture territoriali gli ausiliari stiano "già sostituendo gli Oss mancanti". Gli esponenti sindacali chiedono a Upipa di sospendere le iniziative in atto e di essere convocati dall'Assessorato provinciale alla salute, Stefania Segnana.

Interviene anche l’Ordine delle Professioni Infermieristiche della Provincia di Trento che si schiera "a difesa del diritto ad un’assistenza sicura e competente della persona residente in Rsa, che non può essere garantita da una figura professionale ausiliaria formata attraverso un corso di 68 ore. Corso che appare nei contenuti formativi un “bignami” della formazione professionale dell’Oss che in Provincia di Trento prevede un percorso strutturato di 1400 ore di cui 700 di tirocinio.

L’Ordine delle Professioni infermieristiche, inoltre, ritiene di dover difendere la fragilità degli utenti e delle loro famiglie che si trovano a dover subire iniziative compensatorie, come tra l’altro dichiarato nello stesso bando del corso, in risposta alla carenza di personale qualificato nelle Rsa. L’assistenza e la cura degli anziani necessitano di competenze sempre più elevate considerata la continua evoluzione dei bisogni assistenziali e sanitari che sono sempre più complessi.

Non possiamo permettere che venga banalizzata la complessità sanitaria ed assistenziale degli ospiti nelle Rsa inserendo in assistenza diretta “ausiliari” formati con 68 ore, denominandoli “operatori della cura”. Inoltre, l’introduzione di questi “ausiliari” nell’assistenza, rappresenterebbe una deprofessionalizzazione delle cure in Rsa, ulteriore elemento di criticità per gli infermieri, che sono i responsabili dell’assistenza.

Pertanto, l’Ordine esprime contrarietà a questa proposta dell’ausiliario in Rsa come “operatore della cura”, e ribadisce alla politica e alle istituzioni la necessità di attivare strategie a breve e medio-lungo termine per governare la carenza negli organici di infermieri e Oss, quali in primis: ‐ investire sull’attrattività dell’assistenza all’anziano in Rsa: percorsi di carriera per gli infermieri nell’area della clinica e dell’organizzazione, retribuzioni dignitose rispetto alle responsabilità assunte; ‐ annullamento - non più procrastinabili - del vincolo di esclusività degli infermieri dipendenti del Ssp (a breve termine); ‐ aumento graduale e programmato del fabbisogno di infermieri con un contestuale significativo investimento sulla formazione universitaria per mantenere gli standard di qualità formativi (a medio e lungo termine).

L’Opi di Trento è sempre disponibile ad un confronto con l’obiettivo di guardare al futuro cercando di affrontare concretamente e in modo condiviso i problemi che oggi ci sono e allo stesso tempo prevenirne di nuovi, evitando di cadere in soluzioni reattive e compensatorie che mettono a rischio la sicurezza e qualità delle cure alle persone in Rsa”.













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