Mezzo Trentino a caccia di acqua
L’esempio di Brentonico che “preleva” dal fondovalle e ripensa il suo acquedotto
VALLAGARINA. L’estate della “grande sete” non è ancora finita. Le piogge, modeste, che ci sono state non hanno ancora restituito alle sorgenti portate significative. Le misure di razionamento dell’acqua non sono ancora rientrate. Ma soprattutto, è diventato per tutti palese che il sistema come ha retto fino a oggi, non regge più. O almeno, può non reggere. Perché se l’avere in sequenza un inverno scarsissimo di precipitazioni e praticamente senza neve seguito da una primavera avara di pioggia e da un’estate clamorosamente calda e secca è sicuramente eccezionale guardando alla storia, l’evoluzione climatica pare essere tale da rendere molto meno improbabile che annate simili si possano ripetere.
Il caso del comune di Brentonico quindi è solo l’emblema di problemi che, in misura più o meno accentuata, hanno riguardato anche tutti gli altri questa estate. Addirittura peggio è andata per esempio a Ronzo, solo un po’ meglio a quote più basse. A Brentonico, un comune caratterizzato da un gran numero di frazioni e che va dal fondovalle fino alle località turistiche a 1300 metri di quota, la situazione è precipitata già a inizio estate. Con chiusura delle fontane, divieto di irrigare orti e giardini, erogazione dell’acqua, in alcune frazioni, che subiva interruzioni. Una raffica di ordinanze, tutte ancora in vigore, che riducono l’uso dell’acqua ai soli scopi domestici, alimentari e zootecnici. Unite a ripetuti richiami alla collaborazione: usarne il meno possibile anche per gli usi consentiti. Ciononostante in questi mesi sono dovuti arrivare dal fondovalle circa 7 milioni di litri d’acqua: 7000 metri cubi. Le autocisterne più grandi ne portano 25 metri cubi, quindi minimo 280 camion. Spendendo più di 60 mila euro. Il servizio ora è stato sospeso, ma solo temporaneamente: è già pianificato che riprenda a breve, se non cambieranno in modo importante le condizioni di base. E il tempo in cui possono cambiare utilmente è sempre meno: col gelo, anche fosse, arriverebbe neve, e quella in falda ci finisce la prossima primavera. Vorrebbe dire andare di autobotti anche per tutto il prossimo inverno.
Gli acquedotti dei centri abitati più popolosi, Brentonico e le sue frazioni principali, tra i 600 e i 700 metri di quota, sono serviti dal serbatoio in località Lera: più di 4 milioni di litri sono arrivati lì. La parte montana - le località di San Giacomo, Polsa, San Valentino - attingono a un serbatoio alla Polsa. Lì di litri ne sono dovuti arrivare 3 milioni. E sono tutti consumi domestici: per l’innevamento artificiale da qualche anno l’acqua viene attinta dal lago di Pra da Stua. «È chiaro - dice il sindaco Dante Dossi - che la situazione non è sostenibile. In passato c’erano state difficoltà ma per brevi periodi e localizzate, quest’anno si è mostrata una criticità generale e per una intera stagione. Stiamo correndo ai ripari. Nel giro di tre o quattro mesi sarà operativo il recupero del troppo pieno della sorgente “Moz”, alle Sorne, con pompaggio dell’acqua al serbatoio di Lera Alta. Per la Polsa stiamo verificando la possibilità di ripristinare un pozzo, ma anche altre ipotesi. Cerchiamo comunque soluzioni che ci garantiscano una maggiore autonomia e garanzie di avere l’acqua necessaria già dalla prossima primavera. Quest’anno i disagi per i cittadini sono stati modesti solo per l’impegno enorme di Protezione Civile provinciale, pompieri di Brentonico e Mori, personale del cantiere comunale. Ma non possiamo nemmeno immaginare un’altra annata così». L’ipotesi di agganciarsi allo Spino? «È una ipotesi prospettata, e sicuramente sarebbe l’ideale dal punto di vista della garanzia di risultato sul lungo periodo. Ma almeno al momento, non è alla portata delle possibilità del nostro Comune. Servono opere di collegamento molto impegnative e poi l’acqua dello Spino andrebbe comunque fatta arrivare in quota con stazioni di pompaggio e costi di gestione enormi. Non escludo certo che in futuro possa essere quella la soluzione, ma stiamo lavorando per uscire dall’emergenza al più presto. E ottimizzare le nostre sorgenti e falde è molto più veloce e meno costoso. Per i ragionamenti di prospettiva, vedremo nei prossimi anni».