Malinconia e tristezza a Lavis per padre Luciano 

Stamattina parte dall’oratorio del paese un pullman per partecipare al funerale del sacerdote canossiano morto improvvisamente: «Qui lo abbiamo amato tutti»


di Daniele Erler


LAVIS . Questa mattina un pullman partirà dall’oratorio di Lavis, raggiungerà Nove nel vicentino, dove alle 10 ci sarà il funerale di padre Luciano Facchinello, scomparso per un malore improvviso a 67 anni, nella notte fra martedì e mercoledì. Fa capire quanto saldo fosse ancora il legame fra il reverendo e Lavis, anche se sono passati ormai quasi 35 anni dalla sua partenza: nell’oratorio di paese, padre Luciano è rimasto dal 1974 al 1983. «Però molti lavisani avevano mantenuto con lui l’amicizia – spiega padre Stefano Lacirignola – So che si sentivano spesso, l’ultima volta per Natale e Capodanno. In fondo la sua indole era rimasta impressa a tutti: quella di una persona umile che sapeva coinvolgere».

A Lavis lo ricordano come un prete moderno, bravissimo a giocare a calcio, capace di avvicinare i giovani. Ora c’è grande malinconia e tristezza, soprattutto in oratorio. Anche perché, in un periodo di crisi di vocazioni, i padri canossiani perdono una figura carismatica. «A Lavis puoi chiedere a tutti quelli che sono nati fra gli anni Sessanta e gli anni Settanta – dice il consigliere comunale Andrea Zanetti –. Qui lo hanno amato tutti». «A quei tempi la catechesi si teneva la domenica fra l’una e mezza e le due – ricorda Paolo Odorizzi, vicecomandante dei pompieri di Lavis –. Poi si andava direttamente a giocare a calcio. E lui era bravo davvero». «Organizzava dei veri e propri tornei fra i bambini, io ai tempi avevo dieci anni – dice l’assessore Andrea Fabbro – Le magliette le dava l’oratorio, ci si cambiava in uno stanzino vicino al garage». «Il campo era in terra battuta – ricorda Mimma Vichi – lui giocava nella polvere con i ragazzi, si schierava sempre con la squadra più scarsa. Poi alle 16.30 doveva tenere la messa: arrivava trafelato e all’ultimo minuto, io gli facevo trovare la spazzola, si puliva in fretta pantaloni e scarpe, iniziava la messa che ancora aveva il fiatone. Era meraviglioso, una persona impagabile in tutti i sensi, ma con i giovani in particolare. Per quegli anni era davvero innovativo: è riuscito a riempire l’oratorio di giovani, dava un’educazione non bigotta ma civile e cristiana, non era un padre ma un fratello».

Padre Luciano era nato a Nove, nel vicentino. Lì la sua famiglia aveva un’azienda di ceramiche, lui invece aveva preferito la vita religiosa. A Lavis era arrivato in autostop nel settembre 1973, quando aveva poco più di vent’anni: era stata la sua prima esperienza dopo il seminario. Era arrivato subito dopo la partenza dell’arciprete don Luigi Zadra, aveva lavorato con i parroci successivi: don Olivo e don Giulio. «Aveva un carattere giovanile – ricorda Giovanni Rossi, memoria storica di Lavis – Era sincero, allegro, disponibile. Sempre impegnato in tutto il panorama oratoriano, era anche appassionato di musica e canzoni. Aveva diretto come regista le recite annuali “Ciao mamma, ciao papà”». «Giocava a calcio anche nei tornei con i giovani, anche se non tutti avevano un linguaggio ecumenico – dice Zanetti – ricordo i suoi avversari che non lo riuscivano a fermare: “marcate il prete”, urlavano. Una volta ha fatto un gol straordinario, si è girato al volo e ha buttato la palla nel sette. E poi il massimo lo dava in campeggio, lo ricordo al San Valentino. Ci aveva insegnato a costruire le baite legando fra loro i sassi. Sono ricordi emozionanti, ora che non c’è più, sarebbe bello che gli fossero intitolati un’ala o il campo dell’oratorio».













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