L’ex economa di Sover è stata assolta dal peculato 

Era accusata dell’appropriazione di 31 mila euro del Comune: colpevole per la  Corte dei Conti, il giudice penale l’ha invece condannata (a 9 mesi) solo per falso



SOVER. Era accusata di peculato ossia di essersi appropriata dei soldi che aveva in custodia in quando tesoriere del comune di Sover. Sono stati anni difficili per la donna che ieri quasi non credeva alle parole del giudice. Anzi alla parola: assolta. C’è la condanna per falso (9 mesi pena sospesa) e i suoi avvocati, Maria Cristina Osele e Marco Zanella stanno già pensando all’appello, ma per F.B. l’importante è che un tribunale abbia riconosciuto che lei non ha preso un euro dalle casse del Comune di cui era tesoriera. Sospesa dal 2016, adesso può pensare di tornare al lavoro. Anche in un ruolo diverso ma dopo questi mesi - spiegano i suoi avvocati - ha bisogno di trovare una normalità. La vicenda della donna ha avuto gran risalto in questi anni. C’è stata l’inchiesta penale e ci sono state quelle della corte dei conti. Due si sono concluse con la condanna (per la giustizia contabile è sufficiente la colpa grave e quindi l’eventuale incuria) e un terza udienza è in calendario. Ma quello di ieri è stato il giorno della fine - siamo solo al primo grado, è bene ricordarlo - della vicenda penale. Le accuse contro F.B. erano due. Da una parte c’era quella per peculato con una serie di episodi diversi, dall’altra quella di falso. In totale la donna era stata accusata di essersi appropriata di poco più di 31 mila euro che sarebbero stati di proprietà del Comune. In che modo? «Muovendosi» sul fondo economale in modo da trattenere per sé circa 15 mila euro, con delle spese postali (francobolli) dichiarate ma non protocollate, agendo sui diritti di segreteria e quindi trattenendo anche il denaro dei permessi per la raccolta dei funghi. Ci sarebbero poi i circa 2 mila euro raccolti fra i partecipanti della Cispolada e di un’altra iniziativa culturale e la questione dei suoi compensi. Ossia 2800 euro che secondo l’accusa si sarebbe fatta liquidare senza averne diritto e i 3000 per il periodo in cui aveva lavorato a scavalco per il Comune di Valfloriana. «Abbiamo dimostrato - spiegano i difensori - che tutto questo non era successo. I soldi che mancavano al fondo economale erano rientrati l’anno successivo, quindi c’era stato un ritardo e non un ammanco, le lettere erano state spedite ma si trattava di missive che, per prassi, non venivano protocollate. Tipo quelle per le bollette dell’acqua. Bollette che sono state pagate e quindi spedite. I 2 mila euro raccolti da terzi non c’è prova nè documenti sulla consegna alla signora. E poi la questione dei 2800 euro. Lei aveva diritto a ricevere 55 euro in più al mese in base ad una direttiva. Si è accorta 10 anni dopo di avere questo diritto e invece di chiedere tutto quello che le spettava ha chiesto i 55 euro al mese in più solo per cinque anni ritenendo che i precedenti 5 fosse passati in prescrizione». Una serie di prove, documenti e testi che hanno convinto il giudice che ha deciso per l’assoluzione sul peculato. Resta la condanna per il falso per delle determinazioni che sarebbero state predisposte a giustificazione in epoca successiva a quella effettiva.













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