Addio a Giuseppe Groff un uomo vissuto per l’arte 

Lutto a Lavis. Pittore molto conosciuto, è sempre rimasto una persona umile e schiva anche quando i suoi quadri sono stati esposti in tutto il mondo. Il funerale martedì mattina al cimitero 


DANIELE ERLER


Lavis. «Io ho vissuto cinquant’anni con lui. Una volta mi hanno detto: “Signora, suo marito ha avuto anche l’arte come compagna”. Io ho risposto: “No, l’arte era la sua amante”. Si è presa i suoi pensieri, il cuore e l’anima. E lo ha reso una persona più ricca». Così Maria ricorda il marito Giuseppe Groff, artista pittore conosciutissimo, vissuto per più di trent’anni a Lavis, scomparso venerdì a 74 anni da poco compiuti. Il funerale sarà martedì alle 10, nella chiesetta del cimitero di paese.

Per puro caso, Groff nacque a Bari, ai tempi della guerra: era il 4 gennaio del 1946. Nello stesso anno la sua famiglia fece ritorno in Trentino, dove aveva sempre vissuto. «Lui ha amato stare qui perché ha potuto vivere a contatto con la natura – ricorda Maria –. Era una persona poliedrica: intagliava il legno e faceva il contadino. Ma, soprattutto, aveva una grande capacità di fare cose belle. Si è espresso e ha vissuto per l’arte: e questo non significa solo mettere dei colori sulla tela». Si interessò della pittura sin dall’infanzia. Giovanissimo, entrò in contatto con artisti trentini e non, perfezionandosi soprattutto nel disegno della natura, “all’aria aperta”. Nel 1968, a soli 22 anni, si trasferì in provincia di Bergamo per affinare la tecnica. Quando rientrò in Trentino aveva ormai deciso che l’arte sarebbe stata la sua vita. Per un po’ fece anche l’imprenditore, con un certo successo. Ma alla fine decise di lasciare tutto per vivere dei suoi quadri.

Oltre a Maria, lo piangono i figli Walter con Sundari e Sara con Aldo. Con i nipoti Davide, Thomas, Martina e Michele. «È stato uno di quei padri che ti insegnano tanto, più con i fatti che con le parole – ricorda Sara –. Era una persona molto umile. Schiva, come sanno essere i trentini. Ma allo stesso tempo era cosciente del suo valore: era preciso e perfezionista in quello che faceva». In un certo senso, ha saputo coltivare il suo talento, senza sprecare troppe parole. Nel 2013 realizzò alcune opere ispirate alla Divina Commedia e all’Inferno di Dante. Le espose a palazzo Maffei, in pieno centro a Lavis.

«Io ricordo la sua semplicità, anche se i suoi quadri erano esposti in tutto il mondo», ricorda Germana Comunello che ai tempi era assessora alla cultura. Ogni artista, quando se ne va, lascia dietro di sé qualcosa di ancora più vivo dei tanti ricordi: «Chi lo ha conosciuto sa benissimo che persona era. Ma sa anche che le sue opere continueranno a parlare per lui», dice Maria con gli occhi che si illuminano e un leggero sorriso. A Lavis si starebbe già pensando di dedicargli una nuova mostra, magari la prossima estate, forse durante la festa dei “Porteghi e Spiazi”. Per il momento è solo un’idea. Ma sarebbe l’omaggio più naturale di un paese al suo artista.













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