L’appello dei sindacati trentini: “Riaprite nidi, materne e primarie”
La richiesta: “nel frattempo si estendano le categorie di lavoratori che possono accedere ai servizi ora riservati ai soli sanitari e socio sanitari”
TRENTO. «La chiusura delle scuole impatta in primo luogo sulle donne. Dovrebbe essere chiaro a tutti che saranno proprio le donne, dopo il primo lockdown, a pagare ancora una volta le conseguenze di questa misura, sia in termini di conciliazione per l’accudimento di bambini piccoli e lavoro sia in termini di perdita di posti di lavoro.
Il lavoro agile non è la soluzione, non si può lavorare in smartworking e contemporaneamente assistere bambini in dad o accudirli se più piccoli. Si è ampiamente detto e scritto – statistiche alla mano - che la pandemia ha duramente colpito l’occupazione femminile.
Sul tema dell’apertura dei servizi per l’infanzia intervengono i tre segretari delle funzioni pubbliche di Cgil, Cisl e Uil Luigi Diaspro, Giuseppe Pallanch e Marcella Tomasi. "È inammissibile che a oltre un anno dall’inizio della pandemia non si siano trovate soluzioni a questo problema enorme. Occorreva procedere rapidamente in primo luogo per garantire Dpi, sicurezza e vaccinazioni a educatrici e insegnanti, e concordare una modalità emergenziale in caso di “zona rossa”.
In questo quadro neppure la misura varata dalla giunta provinciale, in ottemperanza delle indicazioni nazionali, con l’apertura dei servizi all’infanzia in Trentino per determinate professioni coglie appieno l’obiettivo, al contrario. Fermo restando la giusta risposta per operatori sanitari e delle Rsa che in tal modo possono continuare ad assicurare i preziosi servizi ai cittadini, è del tutto evidente come le tantissime categorie di lavoratori dei servizi pubblici essenziali – e non solo - rimaste fuori chiedano quantomeno parità di trattamento, per ragioni di giustizia ma anche e soprattutto per l’insufficienza degli altri strumenti a partire dallo smartworking per chi ce l’ha, al bonus baby sitter limitato ai soli lavoratori autonomi, sanitari e forze dell’ordine, ai congedi Covid retribuiti al 50%".
Ci sono tantissime lavoratrici e lavoratori che devono lavorare in presenza tutti i giorni, dalle assistenti domiciliari alle cassiere dei supermercati, a loro vanno date altrettante risposte. «Possiamo comprendere il senso di queste decisioni - concludono Diaspro, Pallanch e Tomasi – ma occorre fare di più per non creare ulteriori fratture nel mondo del lavoro, e intervenire in modo deciso per aprire i servizi dell’infanzia, ferme restando le dovute garanzie per educatrici e insegnanti che hanno subito numerosi processi riorganizzativi in questa pandemia e anch’esse in difficoltà nella gestione dei propri figli.
Probabilmente un confronto preliminare con le parti sociali, a partire dal Sindacato, avrebbe fatto emergere le questioni da giorni presenti nel dibattito pubblico. Per questo chiediamo alla giunta di intervenire, anche stanziando risorse adeguate per un’assoluta priorità qual è la scuola in presenza, per il bene di bambini, genitori, lavoratori».