l’intervista

Kessler: «Vado in piazza per l’Ucraina non per una pace buona per Putin»

Sabato a Trento due manifestazioni. Kessler - ex magistrato, ex presidente del consiglio ed ex obiettore - non sarà con i pacifisti


Andrea Tomasi


TRENTO. «In piazza con l'Ucraina, non con i pacifisti». Quando sabato pomeriggio alle 17.30 i pacifisti trentini, ad un anno dall'inizio ufficiale della guerra russo -ucraina, saranno in piazza Duomo per chiedere il "cessate il fuoco", lui sarà altrove: alle 13 sarà nella vicina piazza Battisti per manifestare il proprio sostegno al popolo sotto attacco. Coerentemente con quanto detto e fatto nei mesi scorsi, Gianni Kessler continua a dire che questa guerra s'ha da fare, che si deve continuare a inviare aiuti al governo di Kiev, anche sotto forma di armamenti.

E il conflitto quando finirà? «Quando Vladimir Putin capirà che da questa parte non si accettano ricatti». Parole, musica e bombe di Gianni Kessler. È un nome che non si può ignorare, il suo. Fbk, la Fondazione Bruno Kessler, è dedicata a suo padre, compianto presidente della Provincia e "inventore" dell'ateneo trentino. Ma lui, Gianni, si è fatto conoscere per il suo percorso personale da magistrato indipendente (al fianco di Pasquale Profiti negli anni di Tangentopoli), poi è stato presidente del consiglio provinciale (in quota Pd) e poi a capo dell'Ufficio europeo per la lotta antifrode e dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli.

Oggi guida l'associazione EUcraina e sostiene il diritto degli ucraini ad essere armati dal blocco atlantico.

Kessler, lei sabato non sarà accanto alle associazioni trentine. Perché?

«Sabato sarò in piazza Battisti per esprimere la mia solidarietà al popolo ucraino, vittima dell'aggressione e della violenza della Federazione russa».

Ma i trentini che manifesteranno per ottenere la pace hanno spiegato che è chiaro che c'è un aggressore e un aggredito…

«A me non interessa attribuire colpe. Non siamo mica in tribunale. Ciò che conta veramente è dare sostegno a chi si sta difendendo. Sono inorridito quando sul vostro giornale ho letto che "questa è una guerra dell'occidente contro l'oriente, uno scontro per la supremazia"».

Lo ha detto don Cristiano Bettega, delegato della diocesi per l'area testimonianza e impegno sociale.

«Già, questa cosa provate ad andare a dirla agli ucraini che stanno sotto le bombe o che hanno dovuto scappare dalle zone occupate dai russi. Vogliamo riconoscere agli ucraini la dignità di essere le vittime o no? Chi cerca una interpretazione diversa del conflitto sbaglia: trovo che sia contro la realtà e profondamente ingiusto».

Non pensa che dietro ci siano strategie imperialiste degli Usa e che gli americani stiano usando l'Ucraina per questa politica?

«No. Perché questo significa negare il ruolo di vittime e negare anche la storia: gli ucraini sono un popolo che ha scelto di combattere per difendere la propria libertà. La Nato non c'entra. L'Ucraina non è un Paese Nato, altrimenti sarebbe scattato l'obbligo dell'alleanza di intervenire. L'idea che la guerra sia il frutto delle provocazioni Usa verso il gigante russo è risibile».

Si dice appunto che gli Usa abbiano fatto di tutto per far scoppiare questa guerra. Pensiamo alle esercitazioni militari sull'uscio della Federazione russa.

«Ma si trattava di esercitazioni navali banalissime, che vengono fatte da tutti gli Stati. Stiamo qui a discutere dell'Ucraina ma ricordiamo cosa è successo nel 1990 quando l'Iraq di Saddam Hussein invase il Kuwait. La comunità internazionale intervenne. Si decise di agire con aerei e soldati, mentre oggi invece si contesta l'aiuto in armi».

A dire il vero il movimento pacifista contestò anche in quegli anni l'uso delle armi.

«Va benissimo. Possiamo decidere se è giusto o sbagliato. Io dico che nulla vietava di farlo questa volta. In fondo si sono date armi agli ucraini per aiutarli a difendersi. All'inizio erano munizioni minori, perché si pensava che la resistenza sarebbe durata solo quindici giorni».

Poi c'è stata un'escalation. È opportuno continuare a fornire armi sempre più potenti?

«Certo che sì. Non ci sono altri modi. Non c'è pace senza giustizia. Non c'è giustizia senza libertà. Non c'è libertà senza resistenza. Se non si resiste all'invasione armata non si raggiunge la pace. Senza resistenza armata non si va da nessuna parte. Se i cittadini normali (gente di tutti i tipi) non avesse imbracciato le armi l'Ucraina non esisterebbe più».

Non si sta mettendo in dubbio l'eroismo del popolo ucraino, ma l'opportunità di proseguire.

«Io parlo delle armi e del nostro dovere di aiutare questo popolo».

Lei da giovane è stato obiettore di coscienza. Il Gianni Kessler di allora parlerebbe come parla lei adesso?

«Sì. Direbbe le stesse cose».

L'obiezione di coscienza era ed è obiezione all'uso delle armi.

«Sì, ma l'obiezione di coscienza non si può imporre e il popolo ucraino vuole difendere la propria libertà».

Quindi il giovane Kessler non parteciperebbe alla manifestazione pacifista, bensì a quella pro Ucraina che si tiene due ore prima?

«Sì. Io vengo indicato fra i promotori, ma in realtà è promossa da Liberi Oltre e da Rasom. È una cosa semplice e cara che credo sia condivisibile: difendere il diritto di un popolo di opporsi ad un'aggressione».

Cosa pensa del fatto che nella compagine militare ucraina ci sono neonazisti?

«Penso che si tratti di una minoranza, paragonabile a quella presente in Italia (e non mi inoltro nelle polemiche sulla natura del governo italiano in carica) e inferiore a quella che c'è in Germania».

Schierarsi contro la Russia, che è una potenza atomica, non è come giocare col fuoco?

«Proprio perché la Russia è una potenza atomica gli Usa non hanno inviato truppe. Proprio per questo non c'è un coinvolgimento diretto degli Stati Uniti. La vera domanda è: "Noi possiamo accettare il ricatto di un dittatore che è dotato dell'arma atomica?" È un dittatore che minaccia un Paese che si è liberato dell'atomica grazie al memorandum di Budapest, del 1994, sponsorizzato dagli Stati Uniti».

Quanto durerà questa guerra, secondo lei?

«Credo che potrebbe finire entro il 2024, quando Putin capirà che noi non cederemo al ricatto energetico (quest'anno è andata bene perché il meteo ci ha aiutato) e a quello atomico».

E tra due anni cosa sarà rimasto dell'Ucraina?

«Tante macerie, dolore, ma anche un Paese molto più unito e molto più forte, un popolo che ha difeso la democrazia e la libertà».













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