Industria trentina, rallenta la produzione: boom dei contratti a chiamata, esplode la cassa integrazione
Cgil, Cisl e Uil e gli ultimi dati del mercato del lavoro in Trentino: si riducono i nuovi posti di lavoro stabili. Lettera a Spinelli: “Condividere i primi interventi urgenti”
TRENTO. Continua a peggiorare la situazione del comparto manifatturiero. Lo certificano i dati più recenti pubblicati dal bollettino mensile di Agenzia del lavoro che riportano le dinamiche di assunzioni e cessazioni per il mese di novembre 2024 e le richieste di cassa integrazione registrate nell’ultimo trimestre dell’anno scorso.
“Se il quadro complessivo resta stabile e positivo - premettono i sindacalisti di Cgil Cisl Uil del Trentino Andrea Grosselli, Lorenzo Pomini e Walter Largher che siedono in consiglio di amministrazione di Agenzia del Lavoro - la musica cambia quando si leggono i dati dell’industria e dei servizi alle imprese, spesso legati proprio ai settori manifatturieri e alle imprese più strutturate. Da mesi stiamo lanciando l’allarme senza essere ascoltati. Ora bisogna agire subito anche perché, nell’incertezza degli scenari a livello globale, la ripresa annunciata per la seconda metà di quest’anno non è chiaro se si concretizzerà davvero e non è certo che riguarderà anche la manifattura trentina. Stare fermi ad aspettare è controproducente”.
Come detto le assunzioni in generale tra gennaio e novembre 2024 restano stabili (-0,2%), mentre il saldo occupazionale tra assunti e cessati - oggi negativo (-424) e ben lontano dalla performance dell’anno precedente (+1.965) -, a dicembre tornerà sicuramente al segno più con i nuovi contratti della stagione turistica invernale senza poter raggiungere i livelli del 2023 (saldo finale annuale a +11.582 tra assunzioni e cessazioni).
Ma sui dati complessivi di Agenzia del Lavoro pesa il calo della domanda di lavoro nell’industria in senso stretto. Le nuove assunzioni si riducono dell’8,6% nei primi undici mesi dell’anno e trascinano con sé anche le assunzioni nei servizi alle imprese che nello stesso periodo si contraggono del 5,5%. Questa fase di contrazione dei neoassunti testimonia il forte rallentamento della produzione industriale avvalorato oggi anche dai dati della cassa integrazione.
Nei giorni scorsi l’Inps aveva pubblicato i dati dell’ultimo trimestre quando in Provincia si era registrata una richiesta di integrazione salariale pari al 42% delle ore richieste in tutto il 2024.
Ora Agenzia rileva il dettaglio settore per settore dell’andamento della cassa integrazione del ramo industria. Tra novembre e dicembre dello scorso anno le ore richieste dalle aziende trentine del settore metallurgico e meccanico rispetto allo stesso periodo del 2023 sono quintuplicate (+399,7%) e rappresentano più della metà di tutte le ore richieste dalle imprese dell’industria. Cresce la cassa anche nel settore chimico e della plastica (+11,6%), mentre, pur restando sostenuto, il ricorso agli ammortizzatori sociali in costanza di lavoro cala nel settore cartario (-18,1%). Questi tre settori rappresentano il 92,5% della cassa integrazione del ramo industria richiesta a livello provinciale.
Anche sul lato della qualità della domanda di lavoro si continua a registrare un peggioramento dei contratti. Calano ancora i contratti a tempo indeterminato e le stabilizzazioni (-3,7% nei primi undici mesi dell’anno), mentre continua a crescere il ricorso al contratto più precario, quello a chiamata che tra gennaio e novembre è salito del 7,5% e ha raggiunto numeri che progressivamente si avvicinano a quelli delle nuove assunzioni stabili (11.056 contratti di job on call contro 13.189 contratti a tempo indeterminato).
“Di fronte al peggioramento del quadro del mercato del lavoro provinciale - concludono i sindacalisti di Cgil Cisl Uil del Trentino Grosselli, Pomini e Largher - le nostre organizzazioni hanno scritto all’assessore provinciale al lavoro Achille Spinelli chiedendo un incontro urgente. Bisogna infatti condividere rapidamente una serie di misure urgenti per rilanciare il settore industriale e contenere il rischio di un'emorragia occupazionale e l’impatto sociale della riduzione delle retribuzioni per il ricorso agli ammortizzatori sociali e per la riduzione dei posti di lavoro disponibili nel settore manifatturiero”.