In Trentino quasi tutti i ventenni si sono vaccinati. Lo psicologo: «Cadono meno nei tranelli delle fake-news»
Dal report del Ministero della salute emerge che il 91% dei giovani trentini si è vaccinato. Gianluigi Carta: «Le preoccupazioni dei ventenni sul futuro sono più concrete: si domandano, “avrò una casa?”, “avrò un lavoro?”, sono meno obnubilati dalla paura»
TRENTO. Il dato è aggiornato in tempo reale sul sito web del Ministero della Salute ed è significativo. Dal report governativo, emerge che il 91,25% dei ventenni in Trentino si è vaccinato contro il Covid-19. I ventenni sono più vaccinati dei sessantenni (completamente immunizzati all’88%), dei cinquantenni (84%), dei quarantenni (80%), dei trentenni (83%). Sui 57300 residenti in Trentino compresi tra i 20 e i 29 anni, risultano vaccinati con entrambe le dosi prescritte o il monodose 49709 persone, pari all’86,75% della platea. A questi si aggiungono i 2580 vaccinati con prima dose e i 280 vaccinati con terza dose, per un totale di 52289 ventenni vaccinati.
Il successo della campagna vaccinale tra i ventenni è oltre ogni aspettativa: per mesi si è temuto che i giovani fossero la categoria più restia all’immunizzazione, perché è convinzione diffusa che il covid non li metta generalmente in pericolo. Inoltre, la “generazione Z” (quella dei nati a partire dalla metà degli anni ’90) è stata a lungo accusata d’essere indifferente alle sofferenze causate dalla pandemia: ipnotizzati dai social-network, concentrati solo sulla movida, insofferenti alle regole imposte dall’emergenza sanitaria. Ebbene, la verità dei numeri certifica l’esatto contrario. Come mai tutto ciò? Quali sono i meccanismi psicologici e sociali che hanno portato i ventenni trentini ad aderire così massicciamente alla campagna vaccinale? Ne abbiamo parlato con il dottor Gianluigi Carta, psicologo e psicoterapeuta specializzato nel trattamento delle problematiche di adolescenti e giovani adulti, nonché vicepresidente del Consiglio dell’Ordine degli Psicologi del Trentino.
Dottor Carta, i ventenni si sono vaccinati in massa. Tutto per poter tornare a ballare in discoteca o c’è qualcosa di più significativo?
In parte i giovani si vaccinano per recuperare la normalità, ma non credo sia il fattore dominante. In generale i giovani sono più flessibili e resilienti e sono anche meno inclini ad applicare quel principio che è l’”economia di sforzo”, che pretende di risolvere un problema applicando la minor energia possibile. Le generazioni più vecchie, meno adattabili, hanno aderito a letture "totalizzanti" della realtà, dove tutto il bene sta da una parte e tutto il male sta dall'altra. Questo perché mano a mano che si invecchia, ci si irrigidisce di fronte a quelle che chiamiamo le angosce paralizzanti, ovvero malattia e morte. I giovani sono meno spaventati dal futuro, perché sono meno in contatto con queste realtà. I ventenni sono al culmine della loro forza mentale e fisica, quindi sono più pragmatici, disposti all'azione e capaci di un ascolto critico.
E vaccinarsi è più “pragmatico” rispetto a tamponarsi ogni due giorni o cimentarsi in manifestazioni di piazza finora inconcludenti. Ma non sono storicamente i giovani il motore delle grandi proteste sociali? Nelle piazze no-green pass si vedono soprattutto adulti di mezza età.
Vede, le preoccupazioni dei ventenni sul futuro sono più concrete: si domandano, “avrò una casa?”, “avrò un lavoro?”. Sono meno obnubilati dalla paura e hanno meno paura della libertà.
Si è parlato a lungo delle presunte reazioni avverse ai vaccini che avrebbero come bersaglio preferito i giovani. Eppure quel racconto terrorizzante non ha attecchito. Come se lo spiega?
Molto ha a che fare con il modo in cui i giovani assorbono le informazioni. Mediamente i ragazzi hanno completato un percorso formativo maggiore rispetto ai genitori e nei confronti del sapere scientifico sono meno sospettosi, si fidano di più e lo fanno a ragion veduta, dunque cadono meno nei tranelli delle fake-news. Sono più a loro agio nel mondo caotico dell’informazione online, hanno migliori strumenti digitali e non si fermano alla prima impressione. Non basta che un presunto esperto indossi il camice bianco perché riesca a vendere loro un dentifricio, come avveniva nelle pubblicità televisive con cui le vecchie generazioni sono cresciute...
Parliamo di salute mentale. Credere, come fanno i no-vax più radicali, che milioni di medici iniettino veleni pericolosi o microchip nelle vene delle persone non sembra molto “sano”. È possibile che i giovani siano meno inclini a queste credenze perché si prendono maggiormente cura della loro salute mentale rispetto alle vecchie generazioni?
Per molti giovani, “andare dallo psicologo” per affrontare le proprie insicurezze è normale, mentre per le vecchie generazioni è ancora uno stigma, qualcosa di cui vergognarsi. Ma è vero che questo stigma sta venendo meno nelle giovani generazioni. C’è una maggiore consapevolezza del fatto che la salute mentale è una componente della salute generale e si è compreso che le difficoltà psicologiche non sono immodificabili, ma possono diventare risorse per la persona. Anche su questi aspetti si misura la maggiore fiducia che i giovani hanno verso i professionisti della salute.