In Trentino lo smart working promosso da 9 lavoratori su 10
Anche se il 39% degli intervistati ha lavorato di più e pesa la scarsità di regole. L'indagine è stata svolta dal Coordinamento industria della Cisl del Trentino in aziende di 11 settori del manifatturiero (foto Ansa)
TRENTO. Oltre il 90% degli intervistati da un giudizio complessivamente positivo dell'esperienza, quasi il 95% verrebbe proseguire anche dopo l'emergenza, anche se emergono criticità nella sovrapposizione di carichi familiari e professionali, il 39% lavora più che da ufficio e l'11% ha dovuto utilizzare strumentazione propria.
Questi i risultati dell'indagine sullo smart working svolta dal Coordinamento industria della Cisl del Trentino che ha riguardato aziende di 11 settori del manifatturiero trentino: metalmeccanico, Ict, installazione impianti, alimentare, biomedicale, farmaceutico, calzaturiero, tessile e abbigliamento, chimico, gomma plastica, edilizia. Sono stati raccolti 238 questionari online tra il 22 giugno e il 5 luglio.
Gli intervistati sono per il 64% uomini e per il 36% donne, il 51% di età compresa tra i 35 e i 55 anni (28% under 35 e 21% over 55) e per il 40% si fanno carico o comunque condividono in prima persona impegni familiari (compreso il 40% dei soggetti di sesso maschile). Oltre il 63% degli intervistati impiega meno di 30 minuti per effettuare il tragitto di andata e ritorno casa/lavoro (il 27% tra i 30 e i 60 minuti e il 9% impiega più di un'ora). Nell'81% dei casi si è trattato di una nuova esperienza, solo il 9% degli intervistati avevano avuto precedenti esperienze di lavoro da remoto.
Nel complesso emerge un quadro di elevato apprezzamento dell'esperienza, il 91% degli intervistati valutano infatti molto o abbastanza positiva l'esperienza (58% molto positiva), mentre solo i 9% riporta valutazioni negative (di cui appena il 2% considera l'esperienza molto negativa). Per quanto riguarda gli orari di lavoro circa il 49% degli intervistati dichiara di aver svolto orari di lavoro coincidenti con quelli normalmente svolti in sede, il 12% di aver lavorato meno di quanto normalmente fatto in precedenza, mentre in ben il 39% dei casi di aver lavorato più ore di quanto normalmente fatto da ufficio.
L'indagine ha fotografato inoltre una pressoché totale assenza di regolamentazione dello smart working, permessa dalla deroga legislativa vigente e giustificata dalla contingente emergenza sanitaria. Solo nell'8% dei casi (in 6 aziende, di grandi dimensioni) è presente un accordo collettivo siglato con le organizzazioni sindacali già prima dell'emergenza sanitaria.