Il vescovo Filippi: «Covid, in Africa la situazione sta precipitando»
Il missionario comboniano è a Trento e racconta la difficile realtà dell’Uganda ai tempi della pandemia: «L’arrivo della variante Delta rischia di essere il colpo di grazia»
TRENTO. Il vescovo comboniano Giuseppe Filippi originario di Baselga di Bondone e missionario in Africa, precisamente in Uganda da 46 anni, è rientrato dopo poco meno di 2 anni di assenza a Trento per una serie di controlli medici. 76 anni ben portati, Filippi è vescovo di una delle diocesi più povere del mondo Kotido in Karamoja, da un decennio e con lui abbiamo fatto il punto sull’evoluzione della pandemia di Covid 19 in Uganda e più in generale in Africa.
«La situazione pandemica in Uganda, e nello specifico in Karamoja», dice il vescovo, «sta precipitando. Fino a maggio noi avevamo avuto una sola ondata che per la verità non era stata molto forte ed aveva causato solo 340 morti ufficiali, meno morti di quelli causati da tante altre malattie, avendo presente che i morti contati sono quelli fra le persone iscritte nei registri pubblici, cosa che non avviene nelle zone rurali dove la gente nasce e muore senza che nessuno la registri. Ma ciò che si era rilevato era il fatto che molti di questi decessi sono di persone vulnerabili».
«Con la variante Delta che è arrivata da noi a maggio la situazione è precipitata. Nel solo mese di giugno si sono registrati più di 1000 morti, e la maggioranza di questi nelle grandi città, non solo ugandesi, ma anche del resto dell’Africa». Anche in questo caso si tratta di persone che in maggioranza avevano delle malattie pregresse. «La situazione è completamente diversa nelle zone rurali come la Karamoja, qui il clima è molto caldo ma secco e ventoso, la gente vive quasi sempre all’aperto, a differenza della capitale Kampala dove il tasso di umidità è molto alto e dove il 90% dei negozi è stato chiuso».
«Il governo, come aveva fatto per la prima ondata, ha chiuso tutti i trasporti con il risultato», dice il vescovo Filippi, «che ora si vedono fiumane di persone che camminano per strada a piedi, spesso vicine e quindi con grandi rischi di contagi».
Sono state chiuse anche le scuole che si spera di riaprire a settembre, ma con grossi problemi finanziari per cui monsignor Filippi lancia un appello ai trentini che sostengano la possibilità di rientrare a scuola. «Si calcola che per ogni scolaro/studente siano necessari 50 euro a trimestre, cifra che le famiglie non hanno, con il risultato che scolari e studenti rimangano a casa».
E i vaccini? «Fino ad aprile in tutta l’Uganda erano arrivate 250 mila dosi, ma molte non sono state utilizzate perché le notizie che circolavano erano quelle che in Europa chi si vaccina muore. Io e il personale della diocesi abbiamo fatto il vaccino per dare l’esempio così qualcosa si è mosso. Evidentemente dimenticando che a fronte di qualche morto milioni di persone sono immunizzate. Ora con la seconda ondata la paura è molta e le altre 750 mila dosi che son arrivate si pensa che vengono usate velocemente particolarmente dal personale sanitario e da quello della scuola».
Ma è ben poca cosa su 37 milioni di abitanti dell’Uganda: «Si arriva al massimo a un milione di prime dosi che saranno usate solo per persone selezionate», sottolinea il vescovo.
E nel resto del continente africano? «La situazione è precipitata con la variante Delta, particolarmente nelle grandi città e nelle zone più progredite, più vicine al modello europeo. Ad esempio in Sudafrica si son già registrati oltre 2.200 mila contagi. C’è da sperare che i paesi più progrediti pensino anche ad aumentare le dosi in questi paesi altrimenti il virus non si ridurrà portando sempre nuove varianti sempre più pericolose», conclude monsignor Filippi.