la sentenza

Il Veneto ha vinto la guerra dell’acqua

La Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile il conflitto di attribuzione promosso dalla Provincia autonoma di Trento contro la Regione Veneto. Ora parte dei profitti dovranno essere divisi in base a una nuova intesa  


Astrid Panizza Bertolini


TRENTO. Il Trentino ha perso la battaglia legale contro il Veneto per quanto riguarda il tema “acqua”. No, non si sta parlando della diga del Vanoi, quella è ancora una problematica che deve trovare risposte certe. Non si tratta nemmeno di quella “guerra dell’acqua” che aveva interessato Trentino e Veneto l’anno scorso e aveva riempito le prime pagine dei giornali per molto tempo sconvolgendo l’opinione pubblica. Questa battaglia vede invece come protagoniste le centrali idroelettriche che si trovano a metà strada fra le due regioni e i relativi profitti, che sono ora da spartire.

Il conflitto era cominciato con l’«emendamento Giorgetti» del 2018, in cui veniva consentito alle Regioni di poter trarre guadagno da parte dell'energia prodotta sul proprio territorio. Il Veneto, quindi, ha aderito con una legge regionale a fine 2022, a cui però ha contrattaccato subito il Trentino con un ricorso depositato a inizio anno, chiedendo alla Corte Costituzionale di dichiarare che il Veneto non ha voce in capitolo per quanto riguarda le concessioni delle centrali, contestando la delibera in base a una precedente intesa del 2005 con i concessionari.

La Corte, però, con la sentenza del 27 luglio ha messo un punto alla battaglia legale, dando ragione al Veneto, dichiarando infatti «inammissibile il conflitto di attribuzione promosso dalla Provincia autonoma di Trento nei confronti della Regione Veneto» in quanto l’intesa del 2005 sarebbe ampiamente superata dalle nuove norme. Un grosso colpo per la nostra Provincia e per il presidente Fugatti, che aveva creduto in una possibile vittoria alle porte delle elezioni provinciali di ottobre.
E invece ora parte dei profitti derivanti dalle lavorazioni in centrale, dovranno essere spartiti, in energia o in denaro, in base a una nuova intesa (definita dalla Corte come obbligatoria) che dovranno prendere, in accordo, le due parti.

Le centrali idroelettriche da cui trae vantaggio il Veneto sono in tutto 34, concentrate nelle province di Belluno, Treviso, Verona e Vicenza. Fra queste ci sono anche le 4 in condivisione con la nostra Provincia. Nello specifico, si tratta della Val Schener-Moline della Primiero Energia a Sovramonte (in provincia di Belluno) e della «Bussolengo-Chievo» che si trova nel Veronese ma sfrutta l'acqua del fiume Adige in arrivo dal Trentino. Ci sono però anche la concessione «Collicello» di Eusebio Energia, a Enego, nel Vicentino e la «Saviner» di Enel (scolmatoio di Forte Buso) nel Vanoi, di cui abbiamo parlato a lungo anche su questo giornale a causa delle numerose diatribe fra Venezia e Trento per la possibile costruzione di una diga in quel territorio, che è esattamente sul confine.

Dal totale degli impianti idroelettrici, il ricavo che arriverà alla Regione Veneto, in energia prodotta dall'acqua, è quindi pari a 10-12 milioni di euro l'anno ripartita fra tutte le province venete per alimentare gli edifici pubblici, soprattutto le case di riposo in modo da alleviare il caro bollette che non cenna a diminuire.
Le province che vedono sul proprio territorio la presenza di impianti idroelettrici (Treviso, Verona e Vicenza) riceveranno il 60% della quota relativa all'energia prodotta, mentre il restante 40% sarà suddiviso fra sei province in proporzione agli abitanti, ad esclusione di Belluno che in nome della sua specificità trattiene il 100%. In questa Provincia, infatti, vengono prodotti i 2/3 dell'energia idroelettrica dell'intera Regione, in quanto sono presenti 24 grandi derivazioni per una potenza complessiva di oltre 382mila kW. Belluno otterrà quindi energia per un valore totale di circa 6-7 milioni di euro, mentre alle altre sei province arriveranno quote diverse facenti parte dei restanti 4-5 milioni di euro.













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