Il naturalista: "Orsi, trasferirli non risolve il problema. Abbattere quelli troppo confidenti"
Striglioni (Parco del Gran Sasso): "Investire sull'educazione ambientale. Nei boschi in due, con campanelli e spray"
ROMA. "Il trasferimento di una parte della popolazione di orsi (la soluzione proposta oggi dal ministro dell'ambiente Pichetto Fratin, ndr) non risolve il problema. Anche se rimane un solo animale, i rischi rimangono. Io proverei ad investire di più sull'educazione ambientale. Quando c'è un orso, non puoi pensare di fare tutto. A Caldes per evitare la tragedia sarebbe bastato che ci fossero due persone e non una, che la vittima avesse un campanello per farsi sentire, che avesse uno spray al peperoncino". E' l'opinione di Federico Striglioni, naturalista e responsabile della gestione della fauna selvatica al Parco nazionale del Gran Sasso, in Abruzzo.
Sugli orsi in Trentino, per Striglioni "è mancata forse un'informazione più capillare. Sui monti bisogna avere un minimo di cautela. Invece spesso l'atteggiamento delle persone è che la montagna sia come una pista d'atletica".
Sulla decisione della Provincia di Trento di abbattere l'orso che ha ucciso Andrea Papi, "sono contento di non essere quello che deve decidere - commenta il naturalista -. Io penso che gli orsi debbano essere abbattuti se si mostrano troppo confidenti, se si avvicinano troppo alle abitazioni, per il bene della specie. Ma non so se sia questo il caso dell'animale che ha ucciso il runner".
"La prima cosa da fare con un orso è farsi sentire - spiega Striglioni -. Tutti gli studi scientifici mostrano che ogni volta che sente una persona, si allontana. Andare veloci e silenziosi è la cosa peggiore. A Caldes l'orso non ha fatto un agguato, non voleva mangiarsi il runner. La vittima correva, e all'improvviso si è trovata troppo vicino all'animale. Quello si è spaventato e ha aggredito".
"Nel parco del Gran Sasso abbiamo un solo orso, su di un territorio di 1.500 km2 - spiega Striglioni -. Quanto la Provincia di Trento, dove però ne hanno 100. La popolazione maggiore è nel Parco nazionale d'Abruzzo, una cinquantina di esemplari. Da noi non si registrano aggressioni perché nel corso dei secoli tutti gli esemplari più aggressivi e confidenti sono stati sistematicamente uccisi, e sono sopravvissuti solo quelli che erano più schivi. Uno studio recente ha dimostrato che nel genoma dell'orso bruno marsicano mancano i geni dell'aggressività".