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I riferimenti al nazismo dei no-pass: per il vescoco Muser sono «insulti intollerabili»

Il vescovo al cimitero per la liturgia della Parola: «Sperare significa andare oltre, non essere assorbiti nel qui e ora, non fermarsi a una prospettiva meramente umana»



BOLZANO. Nella solennità di Ognissanti il vescovo Ivo Muser ha presieduto oggi (1 novembre) la liturgia della Parola nel cimitero di Bolzano e ha benedetto le tombe.

Il vescovo ha parlato del “contagio della speranza, che aiuta a fare della pandemia l’opportunità per una svolta di vita“ e del cimitero come “luogo che parla a tutti, credenti e non credenti“.

Muser ha invitato a fare memoria di chi ci ha preceduto e a “non dimenticare coloro che non sono più ricordati da nessuno.

Dal vescovo anche una condanna agli slogan sui cartelli dei no-pass.

Spostata nel 2020 in duomo causa lockdown, quest’anno la tradizionale celebrazione pomeridiana di Ognissanti con il vescovo è tornata nel cimitero di Bolzano. “La resurrezione di Gesù è il fondamento della speranza cristiana – ha esordito monsignor Muser nella sua omelia – la festa di Ognissanti e la commemorazione dei defunti ci offrono la luce della speranza nella resurrezione.”

Questa speranza non è un invito a vedere tutto rosa e far finta che non sia successo niente: “Sperare significa andare oltre, non essere assorbiti nel qui e ora, non fermarsi a una prospettiva meramente umana”, ha aggiunto Muser.

Sotto una pioggia battente e davanti a molti fedeli, il vescovo ha invitato a ricordare “i nostri familiari, le persone care e fare memoria dei morti per il coronavirus, pregando per tutti coloro che sono venuti a mancare.“

Muser si è poi soffermato sulla pandemia: “Contagio – ha detto – è una delle parole che hanno dominato le conversazioni nell'ultimo anno e mezzo. Il giorno di Ognissanti e quello dei defunti ci incoraggiano a un altro tipo di contagio, trasmesso attraverso la speranza, che va di cuore in cuore.”

Proprio questa speranza, secondo il vescovo, aiuta a fare della pandemia l'opportunità per una svolta, per non dire "basta andare avanti", per non tornare alla situazione di prima della crisi: “Cerchiamo invece una normalità di vita comune che attraverso la crisi è stata trasformata e purificata. Non si tratta solo della libertà personale, ma di una libertà che si manifesta nella responsabilità per gli altri e per la Creazione.”

E in tal senso il vescovo ha voluto sottolineare di essere rimasto amaramente colpito “nel veder comparire, durante le manifestazioni contro le misure di contenimento del coronavirus, cartelli che alludevano agli slogan e alle crudeltà disumane del nazionalsocialismo. Questo genere di cose è uno scherno, un insulto intollerabile a milioni di persone che hanno patito sofferenze inimmaginabili per mano di sistemi totalitari.

Tali azioni calpestano anche la responsabilità di cui abbiamo bisogno e che dobbiamo riconoscere gli uni agli altri”, ha scandito monsignor Muser.

La celebrazione comunitaria al cimitero è un momento importante perché il cimitero, ha detto il vescovo, “è luogo che parla a tutti, credenti e non credenti. Al di là delle differenze tra le persone, qui ci scopriamo uguali – poveri e ricchi, amici e sconosciuti –, perché siamo partecipi della stessa vita, della stessa volontà di ringraziare e non dimenticare chi ci ha preceduto e amato.“

Il cimitero, così Muser, “è uno dei pochi spazi di silenzio che permette una riflessione sulla vita e sulla morte, sulle nostre scelte e il nostro futuro. Cerchiamo di salvaguardare e frequentare questo spazio, che ci aiuta ad ascoltare di più il nostro cuore.“ Infine il vescovo ha invitato a “non dimenticare coloro che non sono più ricordati da nessuno. Portiamo a Dio tutte le vittime di morte violenta – per odio, guerra, terrore, disprezzo dell'umanità – e anche le migliaia di persone in fuga che hanno perso la vita.”













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