la battaglia

Bambino ferito dalla plafoniera del lampione: la famiglia chiede i danni alla municipalizzata

Ma Asm nega responsabilità e chiama in causa i genitori: “C’era il lockdown”



TIONE. Era il 9 maggio del 2020, il Trentino e l’Italia erano ancora in lockdown. A Tione un bambino di 9 anni in sella alla sua bici finisce contro un lampione: nell’urto un pezzo della plafoniera si stacca dal palo del lampione e il vetro si conficca nella gamba del ragazzino che finisce all’ospedale con conseguenze pesanti. 

Un anno e mezzo dopo la famiglia ha chiesto un risarcimento dei danni all’Asm, l’Azienda Servizi Municipalizzati di Tione, che ha in gestione l’illuminazione comunale.

Per i consulenti della famiglia all’origine dell’infortunio c’era una grave carenza di manutenzione, sia ordinaria sia straordinaria, della cosa in custodia, ossia il pubblico lampione.

Asm ha inizialmente fornito le coperture assicurative e la sua compagnia di assicurazione ha aperto un sinistro e a novembre facendo sottoporre il ragazzino a una visita dal proprio medico legale, il quale però lo ha rimandato a un successivo accertamento dopo sei mesi non ritenendo ancora stabilizzate le lesioni: ma quella chiamata non è mai più arrivata.

Di fronte ai solleciti di Studio3A, la società specializzata nel risarcimento danni a cui si è rivolta la famiglia del bambino, la municipalizzata ha risposto denegando qualsiasi responsabilità, sostenendo che “non era dimostrata la dinamica attraverso cui il minore si sarebbe procurato le lesioni”, e asserendo di non essere “mai venuta meno agli obblighi contrattuali in merito alla manutenzione ordinaria dei vari lampioni”.

Ma ad amareggiare la famiglia è quando ha replicato l’avvocato dell’Azienda Servizi Municipalizzati, ovvero che “anche alla luce delle norme restrittive in vigore, al tempo dei fatti, a causa dell’emergenza pandemica da Covid-19, che nel concreto prevedevano specifiche limitazioni alla libertà di movimento dei cittadini, andrà in ogni caso certamente soppesato l’apporto causale derivante dalla responsabilità dei genitori ex art. 2048 Cod. Civ. a quanto effettivamente verificatosi”.

Una neppure troppo velata “minaccia” - secondo la famiglia, pronta anche a percorrere le vie legali – “priva anche di fondamento, perché il 9 maggio 2020 si era già entrati nella Fase 2 della pandemia ed erano consentite passeggiate e attività fisica purché all’interno del proprio comune di residenza”. 













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